VANGELO DELLA DOMENICA
32ª Domenica del Tempo Ordinario – anno B
11 Novembre 2012
Cristo seduto, che osserva
Stiamo per entrare nella grande storia, nel racconto della Passione. Poche battute ancore, una soprattutto sulla fine di tutte le cose, e saremo nel brivido degli ultimi giorni di Cristo. A cerniera questa pagina odierna: Cristo seduto che osserva il via vai della gente nel tempio e i loro gesti.
L’ultima lezione impartita e ascoltata era quella sul comandamento dei comandamenti, sulla cosa più importante: amare Dio e il prossimo “con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze…”. Poi Gesù e i suoi si erano recati al Tempio, lì dove non avrebbe dovuto essere difficile incontrare esempi viventi di questo comandamento, cuore della fede. Macché…
Marco apre una panoramica sul Tempio che fa venire i brividi: il luogo massimo dell’appuntamento di Dio con gli uomini e dei credenti fra loro si rivela un concentrato di menzogna e di ingiustizia, dove si calpestano proprio le due cose che a Dio più interessano, la verità e la giustizia. Un sistema marcio, tutto mosso dal denaro.
Gesù all’entrata nel Tempio aveva dichiarato la sua distanza da questo luogo di sfruttamento e di oppressione e ora sta con i suoi seduto davanti alla Sala del Tesoro, punto nevralgico di questo sfruttamento che lo aveva spinto a denunciarlo come “spelonca di ladri”. È nota la questione delle tredici cassette-salvadanaio, a forma di tromba ed è nota anche la forma in cui avveniva l’elemosina: non poteva ciascuno mettere la sua; la passava al sacerdote addetto il quale, dichiarando l’entità del dono, la metteva nei citati raccoglitori.
Davanti a lui sfilano oppressori e oppressi e per il solito problema di vista appannata noi avremmo visto la scena capovolta: alcuni davvero generosi ed esemplari, altri più trascurabili nel dono. Ecco perché il Vangelo di oggi inizia con un “guardatevi”; si tratta di aprire gli occhi!
Il Vangelo di oggi mette al centro lo sguardo di Cristo. Assumere i suoi occhi per guardare il mondo e le sue storie: vedere il bene dove altri non vedono nulla, restare ammirati dove altri vedono insignificanza, sgamare l’ipocrisia dove tutti rimarcano generosità e fede.
Come un fotoreporter non si perde la scena perché cercava un gesto autentico e finalmente l’ha trovato, ma deve indicarlo ai suoi perché se ne ricordino; in un ‘covo di ladri’ ecco la vedova, come un fiore nel deserto, a prova che si può essere buoni dentro un sistema marcio, rappresentato dagli scribi, dei quali Gesù non dice “uccideteli”, ma peggio: evitateli! Sono come le serpi e si può solo aggirarle quasi dicendo: tu serpe resti, e io vado da un’altra parte…
Quale processione gli era passata sotto gli occhi? Anzitutto gli scribi che, insieme coi farisei, avevano escogitato ben 24 tipi diversi di offerte in denaro o in natura da pagare per il Tempio, mettendo i poveri davanti all’alternativa: o la fame o la trasgressione della legge. Naturalmente quei soldi andavano a finire nelle loro tasche e così, arricchiti, potevano ostentare generosità. Cristo li fotografa con una parola, una sola in greco: “profasei”, che vuol dire “col pretesto di…”; letteralmente: “col pretesto di fare lunghe preghiere, divorano le case delle vedove”. Questo potrebbe essere il titolo del nostro brano: quando pregare e amare sono un pretesto, una scusa; questo è il pretesto, una motivazione non rispondente a verità che si adduce come spiegazione del proprio comportamento o del proprio operato, per mascherarne i reali motivi, è un cercare ragioni plausibili per giustificare la propria condotta. Dio scelto come pretesto, la carità come pretesto. Questo sarebbe amare con tutte le forze?
Prima riflessione di questa Domenica: Cristo seduto nei nostri Templi, a scrutare la verità dei gesti e della preghiera. L’avviso che i, Tempio anche a questo può ridursi, un affare di lucro che sfrutta il popolo commerciando il sacro, uno scandalo immane!
Passano gli oppressori delle vedove e passa una vedova: apparentemente fanno lo stesso gesto, l’elemosina, per amore di Dio. Apparentemente.
Chiamati a sè i discepoli, disse “Guardate”
Per loro è l’ultima chiamata. La prima era stata sul lago o nei campi; poi ne erano venute molte altre: la chiamata a lasciare, ad ascoltare, a mettere radici, a servire…
Questa è l’ultima chiamata, un’istruzione in forma solenne: “in verità, in verità vi dico questa donna ha messo più di tutti gli altri”. E il motivo: c’è chi dà il frutto dei suoi furti e chi dà l’imprescindibile. Si può fare la carità con i proventi che vengono dai propri delitti e si può farla sbilanciandosi, per pura fiducia verso Dio, perché donare non è tutto, donare è niente, si fa presto; ma attenzione perché si può essere religiosi e malvagi, zelanti e feroci, devoti e impostori.
Naturalmente questa parola non è detta per gli altri, ma per quell’impostore che sono io e per tutte le volte che ‘col pretesto’ della devozione, nel Tempio, vado sbandierando le mie preghiere lunghe e solenni per camuffare cose indicibili e impresentabili.
Gesù dice: “Guardateli”. Non è gente qualunque, sono le guide, ma nella loro vita si è introdotta la menzogna mista a vanità e così non servono più Dio, ma l’altro dio, l’idolo. Guardateli: sono nella pura idolatria, degli schiavetti.
Siamo invitati a meditare sui nostri idoli che ci impediscono la conoscenza e il servizio del Dio vivo. Sono tanti, personali e sociali. Personali: orgoglio, ambizione, tutte le pretese che abbiamo. E poi sociali, esterni a noi; Bacone li chiamava idola tribus, idola fori, idola theatri. Nel linguaggio moderno: anzitutto la razza, la cultura di una gente, che in parte è un valore e in parte può imprigionare la mentalità mettendo gli uni contro gli altri, sono le abitudini, le tradizioni di famiglia, i retaggi acquisiti; poi la paura di ciò che pensa la gente, dell'opinione pubblica, lo stare sempre soltanto a ciò che è la media del pensiero comune; infine tutto ciò che mi rende schiavo delle attese altrui, i gusti della platea, le cose che piacciono agli altri e che devo fare per avere consenso sociale, che alla fine mi tolgono la libertà e la purità del cuore.
Da una simile idolatria nasce la disumanità, il non commuoversi per le sofferenze dell'altro, l'usare dell'altro, l'opprimere e disprezzare i poveri, le vedove…
Due monete
Di solito si fa notare che questo è amara con tutte le forze: aveva due monete e non se ne tiene neppure una. Brava la vedova che è capace di dare tutto quello che ha! Ma non mi pare ancora il punto decisivo.
Il fatto è che quei due spicci è quello che abbiamo tutti; in fondo cosa abbiamo?
In fondo quanto vale questa mia vita? Il punto non è dare tutto, fare il gran sacrificio, ma Dio e il suo amore, che possono chiedere tutto e quelle due monete che sono la mia vita sono davvero ridicole che uno, quando ha capito CON CHI ha a che fare, le dà sorridendo. Cosa vuoi che sia?
E Cristo è ammirato, perché sa che quella vedova, quando verrà l’ora di condividere con un povero, non si tirerà indietro, ma senza scene saprà dare tutto; così li vuole i suoi discepoli, come aveva detto quel giorno sul monte: “Beati i poveri in spirito”, quei poveri che quando donano quasi si scusano del poco che danno, a differenza di chi, ricco, ti dà gli avanzi e te lo fa pesare.
C’è quello che notano gli altri e c’è quello che nota questo Cristo seduto ad un lato, non visto. Che poteva immaginare una povera vedova che il suo gesto irrisorio, ma sincero, avrebbe trovato un occhio tanto fino da trasmettere ai secoli il suo dono?
E le tue due monete?
Auguro a chi legge una settimana di meditazione su questo punto, tra i più semplici del Vangelo: sta guardando anche te il Cristo, che ne farai dei tuoi spicci?
padre Fabio, guanelliano