1ª DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA – anno B
26 Febbraio 2012
Lo gettò fuori, nel deserto
Tutto possiamo addolcire e sfumare del Vangelo.
Non riusciremo a togliere l’imbarazzo che viene da quel versetto antico del più antico dei Vangeli, dove Marco dice che fu lo Spirito a buttare avanti Gesù, verso il deserto. Fisicamente lo ‘sposta’ nel deserto. Una metafora sorprendente per dire che c’è un piano e che Gesù doveva andarci, per lui, per noi, per il tentatore e per la tentazione.
Saranno gli altri Vangeli ad ampliare il racconto sobrio di Marco: si parlerà delle tre tentazioni, con le relative sfide e le relative risposte. Qui nulla. Gesù non prega e non digiuna. Semplicemente sta lì.
Si tratta di un passaggio. Gesù esce dalle acque e dalla voce del Padre ha saputo di avere una missione: prima di assumerla si sottomette a questo percorso. L’evocazione geografica -deserto- e quella storica -il numero 40- riportano chiaramente al popolo in marcia di molti secoli prima. Anche lì era Dio a condurli e si trattò di un intervento lungo e teso, segnato da parole grosse e da resistenze: non ci aveva messo molto la bontà di Dio a liberarli dalla soggezione, poco più di una notte. Sarebbero stati necessari 40 anni per strappargli dal cuore soggiogato la voglia di Egitto; una fotografia straordinaria sul cuore umano che volentieri si lascia dominare e difficilmente si lascia liberare.
Gesù è lì per dire che la schiavitù non è una cosuccia. Sta alla porta e bussa per tutti, seducente, facendoci credere che si sta così bene nel male…
Avviene, può avvenire, è avvenuto che la creatura viva contenta nell’oppressione; creata per la libertà non sa come gestirla e la regala al primo che se la prende con l’inganno o con la forza. Di fatto non c’è una cosa più pericolosa che regalare libertà agli immaturi: la svendono appena possibile perché che ne sanno? Cos’è? Come si fa? Ingenuo Dio che ne doti le tue creature ignare e fragili!
Che si chiami Egitto o che porti altri nomi, la Scrittura vuole ricordarci la pena della vita coatta a cui tutti liberamente e scioccamente ci sottomettiamo; la tristezza di assistere al rifiuto dei soccorsi; la comica nostalgia del male che si chiama tentazione perché è una vera alternativa alle vie di Dio. “Non passare di là, vieni di qui che fai prima e con meno fatica”. Di solito è impacchettata come una scorciatoia: si arriva prima e si suda meno. Fatti furbo, dice la tentazione. E siccome tutto accettiamo, ma di passare per scemi questo no…
Deserto del popolo. Non era pronto per la libertà, nè per riprendersela . Perché la libertà chiede gente in piedi, non in ginocchio; gente in cammino, non seduta; gente con un futuro negli occhi, non solo con un passato nel cuore.
Deserto di Gesù. Anche per lui c’è una trasformazione, un punto morto, la soglia su cui sostare e attraverso cui passare: la zona intermedia fra la vita e la morte, dove credi di essere solo, ma ti inganni. Non c’è un luogo più popolato del deserto: appena ti fermi sei accerchiato dalle bestie, i tuoi mostri, quelli che avevi alle spalle, di fronte e di lato. C’erano già, ma non li vedevi, non li sentivi. C’era troppa movida.
Gesù va e sta; accetta, dolorosamente. Deve aiutarci una buona volta come si mette in scacco il tentatore e come si difende la libertà. Deve farci irridere una buona volta a tutte le scorciatoie per arrivare ad essere così forti da gridare all’occorrenza il nostro “non mi freghi”.
Deserto nostro. Mostri da affrontare. Tutto ciò che era accantonato e irrisolto. Dentro di noi e fuori. Lotte da assumere per non continuare la recita dei pagliacci che si presentano liberi e sono fantocci. Sapersi dire dei ‘no’ e rimanerci in quei ‘no’ detti.
La vita immediata non li rivela i mostri: ci vuole un luogo e ci vuole un tempo.
Il Mercoledì delle Ceneri è la porta e la nostra madre Chiesa ogni anno torna a darcene le chiavi perché, se vogliamo…
Alle spalle i nostri mostri e la nostra libertà svenduta; davanti la terra della notizia impensabile e inimmaginabile, la Resurrezione. In mezzo? Il deserto, per tutti. Se c’è amore nel cuore di una persona è perché è passato per il deserto affrontando i suoi mostri; se uno è capace di misericordia, certamente porterà impresse le cicatrici della lotta disgustosa.
Come potremo mai ripagare quel tuo stare lì nella notte della storia a dirci che possiamo essere più forti? Gesù, nostra vittoria, sapremo metterci con te verso la gioia del Regno ormai presente con alle spalle l’azzeramento del deserto?
padre Fabio, guanelliano