AscensioneASCENSIONE DEL SIGNORE – anno B

20 Maggio 2012

Seduto, e per di più alla destra
I due dati a sorpresa.
Dopo una vita intera che i Vangeli -Marco più di altri- presentano consumata nella ‘fretta’ di predicare e di sanare, la festa di oggi celebra Cristo seduto. Finisce il suo cammino ed egli siede, mentre ai discepoli si apre un cammino nuovo e partono: loro sono i continuatori di quel cammino. Serve altro per dare le vertigini a chiunque voglia sapere di sé e della breve manciata di anni che gli tocca in sorte? Il mio andare è continuazione dell’andare di Gesù ed io, sui miei piedi, porto il destino di quella storia di ieri che è stata grazia, bellezza, guarigione per chi ci si imbatteva.

L’altra meraviglia è la destra. Chi conosce la Bibbia sa della preferenza per il lato destro: Dio, a suo tempo, aveva scritto i Comandamenti con la destra, dice l’Antico Testamento; e con la destra ha innalzato Gesù dalla morte, dice il Nuovo Testamento. Solo per stare alle notizie più grosse, perché la Scrittura è zeppa di questa predilezione per la destra che sempre ‘fa meraviglie’, mentre a sinistra sono i cattivi e i maledetti. Con buona pace delle nostre avventure politiche che non c’entrano nulla, ovviamente. Ma la meraviglia sta nel fatto che il Figlio di Dio si siede e per giunta ‘alla destra’.      Pensare che quando glielo avevano chiesto i poveri figli del tuono, i due fratelli apostoli Giacomo e Giovanni, Gesù li aveva gelati con un “voi non sapete quello che chiedete”, come fosse una bestemmia. Ora è lui che siede a destra. Questo elemento connota la Festa dell’Ascensione: è la festa del potere di Cristo, di Cristo che assume il potere, Colui che ha in mano la storia. Ma quale potere?           

Poveri apostoli
Ci penso spesso.
Che atto di fede viene chiesto loro in quel momento?!
In fondo, il potere di Cristo nella storia loro lo vedono meno ancora di noi.

Avevano solo assistito alla debolezza del Crocifisso; Marco aveva fotografato Gesù nel giardino degli Ulivi con due verbi impareggiabili: ‘ekthambeisthai’ che significa essere sbalordito, sconcertato e impietrito, come quando qualcosa di terribile ti si presenta agli occhi e tu resti abbattuto, un misto di stupore e paura; ‘ademonein’, che dice spaesamento, alienazione totale per l’angoscia, quasi confusione. Quale potere?

Lo stesso Gesù ora li invita ad accettarlo come Colui che ha il potere reale per la salvezza dell’umanità e li manda, a nome suo, perché esercitino quello stesso potere.  Che non è una cosa totalmente nuova per loro, ne avevano visto l’annuncio; dopo la guarigione del paralitico il Vangelo dice che “la gente glorificava Dio che aveva dato un tale potere agli uomini” e lo stesso Gesù, inviandoli in missione aveva dato loro “il potere di fare esorcismi e guarigioni”. Il potere di perdonare, di annunciare il bello e il buono del vangelo, di restituire salute e gioia, di liberare dalle inevitabili catene di ogni tempo e di ogni luogo. Questo è il potere di Cristo.

Tanto è vero che Gesù stesso, a scanso di equivoci, aveva stigmatizzato più volte l’altro potere. Celebre il famoso discorso della Cena di Pasqua: voi sapete come vivono quelli che hanno potere, conoscete il loro stile e la loro abituale figura nel mondo, ma TRA VOI NON SIA COSI’. “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”. Che immagine!

C’è un comportamento che viene posto a modello dal Signore: il ragazzotto che serve a tavola. Di solito nei grandi banchetti si assoldavano dei ragazzi poveri e senza cultura e li si addestrava perché servissero alla mensa. Si trattava di un ruolo non solo faticoso, ma anche umiliante perché, si sa, l’uomo a tavola si lascia andare sia coi gesti che nelle parole e spesso diventa una bestia. Il vino poi fa la sua parte e se c’è anche qualche danza ammiccante, damigelli o damigelle di compagnia, un clima trascinante, diventa insopportabile servire certa gente. Fatica e umiliazione. Anche vergogna…

“I re delle nazioni le governano  e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così: ma chi è il più grande fra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve”.

Il ragazzotto che serve a tavola è fotografato come l’opposto di coloro che dominano, signoreggiano, si fanno chiamare benefattori.

Chiaro, fuori di ogni fraintendimento, il messaggio ai discepoli di ieri e di oggi: l’atteggiamento di coloro che amano e seguono il Signore Gesù deve distinguersi dal comportamento di chi ha potere e non deve apparire un potere, né nel contenuto, tanto meno nella forma, cioè nell’apparenza. Di fronte a eventuali somiglianze ci si dovrebbe insospettire, preoccuparsi e vigilare. L’immagine del ragazzo che serve a tavola cancella gli equivoci e gli aggiustamenti ‘spiritualeggianti’: un servo, anche visibilmente, nella forma in cui tutto l’universo conosce i servi, senza titoli e privilegi.

E quello è il vero, unico privilegio; servire. Lo aveva capito bene il nostro San Luigi Guanella che diede ai suoi figli il nome di ‘Servi della Carità’. L’altro potere, l’altro privilegio, non sono una fortuna, ma un pericolo. Servi, non padroncini stizzosi.

Solo la fede
Come potevano riconoscere del potere in quell’Umiliato della Croce? Gesù fa appello alla fede e promette nella fede: quel presunto potere di Cristo, seduto alla destra, sembra contrastare con l’esperienza di questi discepoli perseguitati, pochi, poveri, non troppo amalgamati tra di loro.

E per noi è lo stesso, se non peggio. Solo la fede ci può far riconoscere che Cristo ha potere, è seduto alla destra, e sta salvando il mondo con il suo amore.

Per questo c’è quell’aggiunta che pare terribile: “chi crede si salverà e chi non crede si condannerà”. Certo: si può dare esito negativo. Non è indifferente credere o non credere. Una volta che ti abbiano annunciato il vangelo, se gli dici di no…metti la firma al tuo annullamento. Se questo mondo un segreto ce l’ha -ed è la scoperta del potere di Cristo che perdona per amore- ti viene annunciato e tu fai spallucce con chi te la vorresti prendere per la tua riduzione a zero? Brivido santo della nostra fede…

padre Fabio, guanelliano