VANGELO DELLA DOMENICA
Cristo Re – anno B
25 Novembre 2012
Madornale errore o regalo incredibile?
Quando il Concilio Vaticano II iniziò a parlare del ‘dialogo’ tra la Chiesa e il mondo e dell’abolizione di ogni guerra tra i credenti in Gesù e il resto dell’universo, tutti pensarono subito a questa Festa di Cristo Re che non aveva neppure quarant’anni di vita; l’aveva istituita da poco, nel Dicembre 1925, il Papa Pio XI, con l’enciclica Quas primas. Si disse che il tema del ‘regno’ di Cristo era stato equivocato e si cominciò a tacerlo; ricordo che allora, eravamo bambini, si salutava persino il sacerdote per la via dicendo ‘Cristo Regni’ e lui rispondeva ‘Sempre!’. Ma apparve come un argomento superato, da archiviare presto. Molti di fatto misero da parte tutta una serie di quadri e di statue abbastanza ridicole che raffiguravano Gesù come un qualunque Re.
In realtà quella Festa di Cristo Re istituita, forse ignari gli stessi promotori, fu un dono della Provvidenza. Altro che ‘potere alternativo’ da proclamare! Mentre i regni della terra andavano dichiarando sempre più apertamente ostilità o neutralità nei confronti della fede, si era pensato bene di sottolineare il primato di Cristo; non si dimentichi l’effetto ‘fascismo’ sull’Italia di quegli anni e le sfaccettature varie assunte dai totalitarismi in Europa. Nel 1922 era salito al potere il Fascismo e nel 1925 si era instaurata la dittatura; istituire la Solennità di Cristo Re fu, così, una marcata presa di distanza della Chiesa rispetto al potere costituito.
Forse senza volerlo, senza saperlo e senza dirlo… si stava scrivendo una pagina profetica perché questa Festa non solo oggi ci offre la possibilità di un annuncio incredibile e attuale, ma esce dalle condizioni contingenti e riformula a tutti i tempi la domanda antica: cosa governa il mondo? Chi? E più precisamente: quando si è forti?
Gesù e Pilato: la storia strana del ‘chiasmo’
Anche il quadro del Vangelo di Giovanni sul dialogo tra Gesù e Pilato mette in luce il tema: che tipo di re è Cristo? Come regnano i credenti e qual è la loro forza?
C’è Re e Re. Questo dice il testo giovanneo: c’è potere e potere.
Anzitutto Pilato. Ha potere e lo esercita. Certo non è suo, glielo hanno conferito e glielo possono revocare, non è eterno; e poi…quanti altri poteri deve contemperare e venerare il potere di Pilato! La gente con le sue opinioni, i sommi sacerdoti, la buona fama, la sovranità di Roma. Avrebbe anche un altro potere con cui fare i conti -e il Vangelo lo illumina- cioè la sua coscienza, ma quello è l’unico potere a cui disobbedisce perché sarebbe a rischio il suo titolo.
Poi c’è Cristo col suo potere che “non è di questo mondo”, cioè non è del tipo di questo mondo, non prende forza da questo mondo; infatti “questo mondo” gli darà la Croce. È un potere suo, nessuno glielo dà e nessuno glielo toglie. Perché? Perché è il servizio della verità. “Sono venuto per dare testimonianza alla verità”. Non conosce altri criteri Gesù e questo fa di lui un uomo potentissimo, che sta in piedi da solo e che fa anche paura. Certo un potere così, per chi è abituato a legare l’idea di potere con l’idea di forza fisica e di violenza esercitata paurosamente…fa ridere. Infatti.
C’è la storia del chiasmo che è interessantissima. Siamo di fronte ad un testo che è tra i pezzi della letteratura antica più perfetti e artisticamente più belli, capolavoro di abilità e di intelligenza. Giovanni costruisce così la sua scena: i Giudei sono fuori del tribunale, luogo pagano, per non macchiarsi di impurità rituale in giorno di festa; Gesù è dentro perché per legge si può essere processati solo in tribunale. Pilato è costretto così a fare da navetta, andando avanti e indietro per fare da intermediario; seguendo i suoi movimenti dell’entrare e dell’uscire, Giovanni costruisce sette quadri, sette scene, perché Pilato esce quattro volte e rientra tre volte. Questa tecnica narrativa si chiama ‘a chiasmo’ e consiste nel porre in parallelo le scene laterali, ponendo al centro quella più importante, la quarta, la scena degli oltraggi. Gesù travestito da re per scherzo.
Questo è il cuore del messaggio. Gesù ridicolizzato nel suo essere re, come per dire: che re è un re così, un pagliaccio, una caricatura, una burla? Si può essere re senza soldati? Questo punto, il più scandaloso, è anche paradossalmente il più rivelatore: Gesù è proclamato e deriso, è sconfitto ed è vincente. Credono di umiliarlo e lo stanno rivelando. La stessa cosa capiterà a Pietro, quando dirà “non lo conosco”, cioè “non ne so niente, un re così non lo conosco, mi sono sbagliato, non è quello che volevo seguire”.
Si tratta di un altro piano, effettivamente. Gesù lo aveva detto a Pilato: il mio regno non è come il tuo, il mio è il regno della verità. Pilato difatti, che non sospetta la possibile esistenza di altri stili di potere, chiede incuriosito: “Cosa è la verità?”. Siamo ad un altro livello, Pilato. Ciò che è vero è vero, ed è ciò che nessuno può toglierti, mentre ciò per cui devi spiegare le forze e prendere le armi per difenderlo, non vale niente. Ciò che è vero sta in piedi da solo e vince proprio quando cade. Bellissima l’espressione di Sant’Agostino su Cristo che gioca sull’allitterazione latina: “Victor, quia victima”, cioè vincitore perché vittima (Confessioni X, 43). Ciò che è vero è eterno e ciò che non è vero…che passi! Questo è il Regno!
Chi sta dalla parte della verità non cade e non cerca appoggi perché è la verità a difenderlo; chi sta ‘dall’altra parte’ deve sempre imbastire guerre e tirare fuori le armi, se no è minacciato. La forza di Gesù è nella verità, che non si serve mai della forza. Quante pagine della storia cristiana e della vita della Chiesa dovrebbero battersi il petto per aver fatto lo stesso errore di Pietro! Vede Gesù minacciato e ricorre alla spada, mostrando così che non ha capito niente; un errore fatale e tragico destinato a ripetersi, anche nella nostra vita quotidiana. Chi ricorre alla spada ha già perso.
Certo, anche i Sommi sacerdoti credevano di servire la verità, ma cadono ironicamente in un paradosso fatale: non entrano nel tribunale per non macchiarsi di impurità rituale e si macchiano del delitto più noto della storia. Anche Pilato credeva di servire la verità, ma “non oltre un certo prezzo”, cioè fino a quando convenga, che è come dichiararne la relatività. E se la verità è relativa è pari a zero.
Solo uno serve la verità. Ad una sola condizione. Non preoccuparsi della propria sopravvivenza, perché la verità tutto può chiedere, anche la vita. Che vale meno.
Questa è vita ‘da re’, perché al di sopra della tua fedeltà alla verità non c’è nessuno.
padre Fabio, guanelliano