Vangelo della Domenica
27ª Domenica del Tempo Ordinario – anno B
7 Ottobre 2012
Qualcosa di Lui
Ogni scheggia del Vangelo ci dice ‘qualcosa di Cristo’: una scelta, una direzione di marcia, un gusto, delle preferenze. Più che l’occasionale, interessa ciò che è abituale in Lui: lo stile che gli è proprio, ordinario, feriale. Per poter fare nostri i suoi sentimenti dobbiamo metterci alla scuola di quanto in Lui è quotidiano e abituale.
Il brano di oggi che sembrerebbe avere come oggetto il valore eterno del matrimonio e quindi la sua indissolubilità, a me pare che offra dei profili splendidi di Cristo. Il primo: stanno in cammino verso Gerusalemme e lungo il viaggio si uniscono al gruppo di Gesù altri gruppi di pellegrini con la stessa mèta e Gesù approfitta per insegnare; si può insegnare sempre.
Non c’è un luogo e un’ora per farlo ed è la vita che diventa lezione, approfittando di qualunque circostanza. Sentire la propria vita come possibile cattedra. Il secondo: vi è una chiara pressione della mentalità comune su Cristo e questa pagina mette in luce la sua libertà nei confronti del comune pensare che lo schiaccia all’angolo e lo spinge ad esprimersi. Cristo dirà la sua, costi quel che costi. Il terzo: per coprire la propria condotta vergognosa che esprimeva la superiorità ingiusta dell’uomo sulla donna, l’intellighenzia del tempo si appoggia sulla Legge di Mosè -ce lo ha permesso lui! Come a dire: ti vorresti mettere contro Mosè e contro la Legge? Sì, se serve sì. Ecco il profilo di un Gesù libero nei confronti delle istituzioni, non ribelle, ma autonomo, critico. La legge, anche lei, potrebbe riflettere non solo la volontà di Dio, ma piccoli adattamenti ai capricci umani, per ottenerne il consenso e placarne l’eventuale opposizione.
Cosa permette a Cristo questa autonomia profonda e questo coraggio sincero fino al pericolo? Rifarsi sempre al disegno divino: come le ha volute le cose il Padre? Qual è il suo progetto originario? Ci sono stati inquinamenti quanto a quel progetto?
Cogliere la tentazione
Mi pare il primo passo suggerito dal Vangelo odierno. C’è una tentazione; ci sono varie tentazioni nel pensiero dominante e nell’andazzo comune; saprai coglierle quando ti si presentano?
Vengono a Gesù con una domanda peculiare: può il marito ripudiare la moglie? Una bomba a mano, più che una domanda. Nel mondo ebraico nessuno metteva in dubbio questo diritto, avallato da Mosè; al massimo si discuteva nelle varie scuole rabbiniche sui motivi che potevano giustificare il ripudio e al tempo di Cristo le due opinioni più appoggiate erano quelle della scuola di rabbì Shammai, che era rigoroso e riteneva possibile il divorzio solo in casi di peccato di lussuria, e della scuola di rabbì Hillel più lassista, per cui bastava che la donna lasciasse attaccare il cibo alla pentola.
Dunque divorzio possibile, possibile solo al maschio, possibile anche per ragioni futili, consentito dalla legge, accettato unanimemente dalla cultura corrente: di fatto in una mentalità così la donna era ‘una cosa a disposizione dell’uomo’.
La domanda a Gesù si presenta come una bomba a mano, dicevamo, ma perché? Dove sta la tentazione, dato che il Vangelo dice chiaramente che vennero ‘per metterlo alla prova’? Dove sta la prova?
Evidentemente sanno dell’insegnamento di Cristo sulla profonda uguaglianza degli esseri umani, tutti. Da poco, anche all’interno del gruppo dei discepoli, che erano disorientati da questo tema dell’uguaglianza, Gesù ha chiarito il suo pensiero: non ci sono piccoli e grandi. E se uno vuole essere grande si collochi nel mondo come quei ragazzotti che fanno da servetti nelle case, a disposizione di tutti. Questo è il mondo come lo pensa Dio, tutti servi di tutti.
La tentazione della domanda capziosa: vediamo se Gesù continua a sostenere l’uguaglianza, mettendosi così contro un mondo intero che ormai dà per scontata questa pratica del divorzio avallata anche dal grande Mosè; oppure se su questo tema accetterà scaltramente il principio incontestabile della superiorità maschile, cacciandosi nel ginepraio della casistica delle varie scuole per difenderne la tesi…
Insomma Gesù sarà coerente fino in fondo o farà il furbo pensando alla pelle? Per poterlo accusare o di incoerenza o di subbuglio. O maestro da strapazzo o agitatore dei costumi e sovvertitore della legge, nemico di Mosè.
Smascherare la tentazione
Gesù li stana sullo stesso terreno. Parlate di Legge. Bene, cosa dice la Legge?
La Legge dice solo a proposito di ‘un piccolo fastidio’ che il maschio deve accollarsi: prima di cacciare la donna deve redigere un certificato che attesti il divorzio voluto da lui, per cui la donna non è più costretta all’accattonaggio o alla prostituzione, ma può risposarsi. Cioè Mosè si è inchinato di fronte alla vostra ostinata durezza di cuore. Se non riuscite a fare di meglio, almeno questo: date un’altra possibilità alla donna!
Mosè con quell’atto ha depenalizzato il delitto -perché di delitto si tratta- per arginarne i danni, creando almeno una soglia di controllo; ma non confondiamo ciò che è legale con ciò che è morale. La legge può anche tollerare certi comportamenti, ma non è detto che Dio sia contento e che questo sia il suo volere. Mosè ha ceduto a perverse inclinazioni umane e, in pratica, non ha rispettato il disegno di Dio!
Parole pesanti. Mosè infedele. Per gli Ebrei questo costituiva principio di morte. Se a ciò si aggiungono altre affermazioni gravi come quelle registrate nel Vangelo: il Sabato e la sua violabilità, il Tempio e la sua relatività…il quadro è chiaro. Gesù firma giorno dopo giorno la sua condanna a morte. Ma ci dice di Dio e del suo progetto. Viene a portarci quello che Mosè non poteva portarci, qualcosa di nuovo.
Il dono di Cristo
In questa e in altre vicende quello che va colto è il dono di Cristo. Che ci porta?
Il disegno del Padre ci porta e anche la forza per portarlo a compimento: la sua Pasqua per dirci che si può amare fino in fondo e che l’amore questo è, la scelta del sì a qualunque prezzo, a qualunque costo, al di là dei limiti dell’altro e delle sue miserie.
Punto di partenza per Gesù non è Mosè legislatore, ma Dio creatore. Sapremo prenderlo come metro per le nostre scelte? Partire dal Padre, rifarsi a Lui…
Allora Gesù che dici? Su che cosa si regge il matrimonio? Cosa è? Quanto dura?
Il matrimonio, dice Gesù, si regge sulla differenza dei sessi e sull’attrazione reciproca; di qui deriva che sia l’uomo che la donna rompano il legame che li ha uniti con i propri genitori per formare liberamente una coppia (c’è qualcosa da cui ‘esci’ e c’è una cosa in cui ‘entri’, per dirlo agli sposi e ai suoceri!). Questa scelta di fare coppia ha come mèta arrivare a diventare un solo essere, in cui non esiste alcuna superiorità: una cosa sola, indivisibile. Cosa permette e realizza l’unità? Il vincolo con i genitori includeva l’amore filiale e su questo si basava; il nuovo vincolo, perché sia garantita la durata, deve basarsi su ‘un amore più forte’, al di là dell’istinto e della natura. Ma chi lo dà un amore così se non Dio?
Con tre parole Gesù offre tutto sul matrimonio: l’unione tra uomo e donna è voluta da Dio; la condizione della donna è uguale a quella dell’uomo; nessuno dei due può dissolvere per iniziativa propria l’unità voluta da Dio; la legislazione di Mosè ha su questo punto un vizio di fondo e non riflette l’origine divina; la pratica ebraica, per cui il matrimonio si realizzava grazie a un contratto tra famiglie, senza rispettare la libertà dei contraenti, era contraria al disegno divino, perché senza libertà non c’è amore.
Il dono di Cristo è il suo modo di amare, che riflette quello del Padre: è eterno. Nel cuore della creatura umana è deposto un seme di eternità per cui solo le cose eterne lo riempiono, quelle temporanee vi fluttuano e talvolta lo distraggono. Se neghiamo questo seme di eternità giustifichiamo scelte da quattro soldi, sostenendo che è possibile vivere anche per cose piccole, ‘fino a quando conviene’, e ogni relazione umana viene sottoposta al nostro bisogno di benessere e di autoprotezione.
Il dono di Cristo è la Pasqua, con la prova dell’amore fino in fondo, fino alla morte, accettando di fare atti che sono legati per sempre. Solo questo dono può giustificare l’indissolubilità del matrimonio. Non la conoscevano i romani, né i greci, tanto meno gli ebrei. Dono di Cristo e del cristianesimo.
Forse questa Domenica può essere l’occasione per meditare su una tristezza, una tristezza che stiamo seminando nel cuore di tanti bambini: non vedere l’amore per sempre. Tanti ragazzi, divenuti adulti, potranno dire: “non lo conosco”.
Quello che ho imparato -potrebbero dire- è che si ama finché ce n’è, fino a quando l’altro che amo è appetibile, gustoso, come quando mangi. Ma se amo l’altro fino a che mi è gradevole, vuol dire che questo intendo per amare un altro: “me lo mangio”, mi servo di lui, mi nutro di lui. Mentre amare è perdere e perdersi.
Se mamma e papà non si amano per sempre e non sono capaci di dare la vita l’uno per l’altro dove lo imparerò questo ‘amore per sempre’? Dovrò negare quello che loro mi hanno fatto vedere -una rottura, una cancellazione, un’archiviazione, una sostituzione- per affermare qualcosa che è annunciato da chi crede nell’amore.
Difficile, molto difficile. Non impossibile, ma difficile.
padre Fabio, guanelliano