PADRE FABIO E' ASSENTE PER LA PREDICAZIONE DI UN CORSO DI ESERCIZI.
Pubblichiamo un'omelia di don Bruno Maggioni per la
13a Domenica del Tempo Ordinario
É la vita il miracolo più autentico
La lunga lettura evangelica (Marco 5,21-43) racconta due miracoli, l'uno dentro l'altro. Il motivo che li lega è la fede. Il miracolo della guarigione della donna che soffriva perdite di sangue si sarebbe prestato molto bene a sottolineare la potenza di Gesù. È bastato toccare la veste di Gesù per guarire! Non è però su questo tema che Marco ferma l'attenzione. Dobbiamo far nostra, invece, la meraviglia dei discepoli: «Vedi la folla che ti preme e domandi: chi mi ha toccato?». Perché la donna desidera non farsi notare e Gesù, invece, sembra far di tutto per dar risalto al suo gesto? La legge dichiarava impura la donna che aveva perdite di sangue, e impuro toccarla. Ecco perché la donna tocca la veste di Gesù di nascosto, approfittando della calca, ed ecco perché si sente tanto colpevole, paurosa e tremante, quando si vede scoperta. Ed è per lo stesso motivo che Gesù dà pubblicità all'accaduto: per dichiarare pubblicamente, di fronte a tutti, che non si sente impuro per essere stato toccato dalla donna, e che il puro e l'impuro non lo interessano. Dio non bada al puro e all'impuro, ma alla fede: «Va' in pace, la tua fede ti ha salvato».
È ancora la fede al centro della guarigione della figlia di Giairo: «Non temere, solo abbi fede». Fede nella potenza di Gesù, una potenza capace di raggiungerti qui, nella tua propria situazione, vittoriosa persino sulla morte. Ma in questo racconto Marco accenna anche a un altro tema: «la bambina non è morta, ma dorme». La morte è un sonno non una fine. Il grande miracolo è la vittoria sulla morte.
Dunque due racconti di miracoli, che però non attirano l'attenzione sul miracolo stesso, ma sulla fede di chi lo domanda. La fede è indispensabile al miracolo. Gesù non compie miracoli per forzare, ad ogni costo, il cuore dell'uomo. I miracoli sono segni a favore della fede, ma non sminuiscono il coraggio di credere. I miracoli sono un dono, una risposta alla sincerità dell'uomo che cerca il Signore: non servono là dove c'è chiusura e ostinazione. Gesù non compie miracoli dove gli uomini hanno già deciso e pretendono di essere loro a stabilire le modalità dell'agire di Dio. Il miracolo è dono della libera iniziativa di Dio. Non è raro, invece, che l'uomo sia cieco di fronte ai molti segni che Dio compie, non ha il cuore aperto per decifrarli e il coraggio per decidersi, e allora se ne scusa pretendendone altri. Chiediamo nuovi segni, sempre nuovi segni, e intanto non ci accorgiamo dei molti segni che Dio ha già - di sua iniziativa - seminato lungo la strada della storia e della nostra vita.
La lunga lettura evangelica (Marco 5,21-43) racconta due miracoli, l'uno dentro l'altro. Il motivo che li lega è la fede. Il miracolo della guarigione della donna che soffriva perdite di sangue si sarebbe prestato molto bene a sottolineare la potenza di Gesù. È bastato toccare la veste di Gesù per guarire! Non è però su questo tema che Marco ferma l'attenzione. Dobbiamo far nostra, invece, la meraviglia dei discepoli: «Vedi la folla che ti preme e domandi: chi mi ha toccato?». Perché la donna desidera non farsi notare e Gesù, invece, sembra far di tutto per dar risalto al suo gesto? La legge dichiarava impura la donna che aveva perdite di sangue, e impuro toccarla. Ecco perché la donna tocca la veste di Gesù di nascosto, approfittando della calca, ed ecco perché si sente tanto colpevole, paurosa e tremante, quando si vede scoperta. Ed è per lo stesso motivo che Gesù dà pubblicità all'accaduto: per dichiarare pubblicamente, di fronte a tutti, che non si sente impuro per essere stato toccato dalla donna, e che il puro e l'impuro non lo interessano. Dio non bada al puro e all'impuro, ma alla fede: «Va' in pace, la tua fede ti ha salvato».
È ancora la fede al centro della guarigione della figlia di Giairo: «Non temere, solo abbi fede». Fede nella potenza di Gesù, una potenza capace di raggiungerti qui, nella tua propria situazione, vittoriosa persino sulla morte. Ma in questo racconto Marco accenna anche a un altro tema: «la bambina non è morta, ma dorme». La morte è un sonno non una fine. Il grande miracolo è la vittoria sulla morte.
Dunque due racconti di miracoli, che però non attirano l'attenzione sul miracolo stesso, ma sulla fede di chi lo domanda. La fede è indispensabile al miracolo. Gesù non compie miracoli per forzare, ad ogni costo, il cuore dell'uomo. I miracoli sono segni a favore della fede, ma non sminuiscono il coraggio di credere. I miracoli sono un dono, una risposta alla sincerità dell'uomo che cerca il Signore: non servono là dove c'è chiusura e ostinazione. Gesù non compie miracoli dove gli uomini hanno già deciso e pretendono di essere loro a stabilire le modalità dell'agire di Dio. Il miracolo è dono della libera iniziativa di Dio. Non è raro, invece, che l'uomo sia cieco di fronte ai molti segni che Dio compie, non ha il cuore aperto per decifrarli e il coraggio per decidersi, e allora se ne scusa pretendendone altri. Chiediamo nuovi segni, sempre nuovi segni, e intanto non ci accorgiamo dei molti segni che Dio ha già - di sua iniziativa - seminato lungo la strada della storia e della nostra vita.