il-seminatore-regno-di-dioVangelo della Domenica

11ª Domenica Tempo Ordinario – anno B
17 Giugno 2012

 

Ma come parlava Gesù?
Gesù sta predicando a proposito del ‘Regno’. Che effettivamente è una parola troppo tecnica per chi si avvicina alla fede e non conosce il gergo. Diciamolo in due battute: Regno di Dio è ‘la sovranità di Dio su tutte le cose’; cioè il momento e il modo in cui la realtà riconoscerà Dio come suo Signore. Gesù dice di essere venuto apposta, per annunciare questa fase iniziata col suo arrivo, per cui il Regno è già presente -dirà.

Come dire di questa ‘operazione’?
Gesù utilizza le parabole, un genere letterario che era un modo di parlare figurato, molto noto alla narrativa popolare del suo tempo, la cui finalità era prevalentemente didattica. Quando si voleva insegnare qualcosa, alludendo a situazioni precise, ma senza nominarne gli attori, si usava la ‘parabola’.
Naturalmente, come tutti gli uomini geniali, Gesù ama parlare per immagini e per paragoni, ma soprattutto ha a cuore che la gente ‘capisca’ in modo chiaro e alla propria portata. La parabola lo aiuta perché soprattutto a proposito di Dio possiamo solo parlare utilizzando le esperienze che abbiamo a disposizione. E lui così racconta di suo Padre partendo da storie comprensibili: “Un Padre aveva due figli… Una donna aveva dieci monete… Un uomo era stato ferito… Un pastore di cento pecore…”.
Questa strategia narrativa non deve far credere che le parabole siano storielle: forse sono tra le pagine più alte del Vangelo e ne rivelano il cuore. Si intravedono in esse le polemiche che circondarono il primo cristianesimo, alcuni problemi dell’epoca, i dibattiti più caldi, l’ambiente in cui visse il Signore nostro Gesù Cristo.

Oggi due piccole parabole, dal Vangelo di Marco: una sul seme che cresce da solo e l’altra sul granello di senape. Ripetiamo: Gesù sta parlando del ‘Regno’ che, in questo modo, è detto essere come un seme che cresce senza che l’uomo possa farci nulla e come un grano minuscolo di senapa che diventa immenso. Gesù vuole parlare della trasformazione: come cambiano gli uomini, le situazioni, gli ambienti, le idee, i sentimenti, le decisioni… La legge della trasformazione.

Cresce solo
A me pare che la chiave stia in due parole: cresce solo. Il seme cresce solo. Vengono descritti tre tempi: la semina, la crescita, la mietitura. Sembrerebbe che i due tempi decisivi siano quelli della semina (se non semini cosa può crescere?) e del raccolto (se non mieti a che ti serve aver seminato?). E sembrerebbe che il tempo intermedio, quello della crescita, sia come un tempo morto su cui il contadino, fra l’altro, non ha alcun controllo. Difatti il contadino ignora cosa avviene e non può metterci mano; il suo aiuto è del tutto ininfluente. Può stare sveglio o dormire…

Perché?
Perché il seme ha una forza sua e cresce ‘per forza propria’ sì proprio così dice, in greco: “autómate”. Una volta che tu l’hai messo nella terra è il seme che fa tutto: germina, cresce, matura. Da solo, senza di te.
I tempi affidati alle tue mani sono brevissimi, puntuali e visibili; il tempo del seme è lento, articolato e invisibile. Lo impari l’uomo: lui semina e poi magari raccoglierà, ma chi fa crescere è Dio attraverso procedimenti che sono e sembrano inattivi, troppo lenti, silenziosi. Ma chi è veramente inattivo è il contadino, non il seme! Segretamente e misteriosamente si fa spazio nella terra e, prima o poi, spunterà perché ‘quel’ seme è incessante nella sua crescita, come Dio è incessante nella sua opera sull’uomo. Stento a credere che ci fosse un modo più bello e più semplice per dire l’opera continua di Dio, questa ‘infaticabilità’ silenziosa e segreta del Padre sulla sua creatura.
Cosa deve imparare l’uomo? Dio ha un modo diverso di parlare e di realizzare. Perché ti deludi o ti metti in angoscia? Perché tiri fuori la tua impazienza e la sfiducia?
Hai fatto quello che ti toccava? Ora sappi che non tocca a te far succedere le cose. Perciò liberati da ogni affanno inutile; decide tutto il seme e quando ti si offrirà lo raccoglierai. Come un dono, perché tu non hai fatto quasi nulla.
A che serve ‘forzare’ certe crescite, se è Dio colui che mette in crescita il mondo?                   

Diventa il più grande
È l’altra immagine usata da Gesù, quella del grano di senape, in origine molto piccolo che diventa “il più grande di tutti gli ortaggi”. Gesù vuole parlare del contrasto tra l’inizio e la fine: spesso le cose alla fine sono l’opposto di quello che erano e così le persone e le situazioni. Come mai?
Questo ‘contrasto’ non avviene per rottura, ma per continuità: quello che tu alla fine verifichi essere ‘il più grande di tutto gli ortaggi’ è proprio quel seme che era piccolissimo e che è cresciuto. Insomma: la crescita può dare questo risultato, per cui ciò che era nulla e insignificante diventa imponente. E questo senza rotture, ma giorno per giorno, un passo dopo l’altro. Tu lo verifichi all’inizio e il seme è impercettibile nelle misure e nel peso; lo guardi alla fine e dici: ma è proprio ‘quel’ seme?
Di chi sta parlando Gesù se non di sé? È Lui il seme piccolo e impercettibile sui cui rami divenuti maestosi tutti abbiamo potuto ripararci all’ombra. È Lui la nostra ombra, Lui il ramo, Lui l’albero; eppure quando Gesù si affaccia al mondo è impercettibile e tu senti lo sconcerto che sentirono i dodici. Per cui scapparono e tradirono; lo sconcerto che avvertirono sul mare in burrasca, mentre ‘il piccolissimo seme’ dormiva…
È lo sconcerto la realtà storica dell’uomo davanti a Dio: prima, durante e dopo di ogni trasformazione. Prima perché ogni inizio ti può sembrare ridicolo, poi perché nevroticamente non vedi passaggi scioccanti e verificabili, alla fine perché la sorpresa supera le prevedibilità.
Ma Dio, come il seme, non delude. Lo impari l’uomo.
‘Autómate’
. Di forza propria. Scoprire la forza di Dio e crederci. È il Vangelo di oggi.
Invece di meravigliarci di fronte all’albero sapremo meravigliarci di fronte al seme? Invece di aprire la bocca di fronte al futuro sensazionale, sapremo riconoscere che il presente è decisivo, anche se ‘piccolo’?
Dio non verrà. Dio è già con noi, ora. Lo vedi?

padre Fabio, guanelliano