BATTESIMO DEL SIGNORE – anno B
8 Gennaio 2012

In te mi sono compiaciuto. Praticamente: tu mi piaci

Oggi si usa molto l’espressione ‘evento aperto’ per descrivere un avvenimento che non è chiuso in se stesso, ma che inizia e finirà e la cui fine sarà rivelativa del principio.
Il Battesimo di Gesù è un evento aperto: nel breve racconto di Marco, il più antico dei Vangeli, al Giordano è già presente tutto di Cristo. Ma per capire bisognerà aspettare la Croce; lì ogni elemento troverà il suo peso e il suo colore vero.

    Al Battesimo nel Giordano è già data, per esempio, la scelta della solidarietà. Gesù non si presenta ‘affianco’ alla storia umana, ma mischiato con essa, in fila tra e con i peccatori, senza estraneità, che pure gli competerebbero.
    La sua scelta è la condivisione, da subito e per sempre, e la Croce ne rivelerà le conseguenze: non sarà trattato meglio di altri condannati, nessun privilegio, semmai qualche cenno di accanimento a proposito.
    Perché amare è stare in mezzo, non di lato, non sopra, non dietro. Stare con.
C’è già qui nel Battesimo quel concepirsi tra i molti che sarà la radice del darsi “in riscatto per molti”; i “molti” non diventano importanti alla fine, così per un gesto eroico e spettacolare, sono la normale conclusione di tutta una vita in cui ci si è mischiati e confusi tra loro. Che difficile la solidarietà e quanto è de-formabile!
Ripensare a tutti i nostri protagonismi devianti...

    Al Battesimo Gesù riceve il dono dello Spirito, l’assicurazione di piacere al Padre, la consegna di un compito.
Anche il nostro Battesimo ci fornisce delle stesse dotazioni.
    Anzitutto la compagnia dello Spirito Santo che è lo scandaglio per capire Dio e la sua parola, il suo disegno, il suo orientamento, i suoi gusti e le sue preferenze. Non ci nasciamo con lo Spirito Santo, ci è donato; come il cane intuisce molto dell’uomo e a certi cani manca solo la parola, ma non può dialogare con l’uomo, non può decidere, non può spiegarsi, non riesce a complimentarsi e a commentare: gli manca lo ‘spirito umano’. Così l’uomo, se non gli fosse donato lo ‘Spirito di Dio’ resterebbe sempre fuori dall’orbita di Dio che gli sembrerebbe un altro mondo, un altro linguaggio, un'altra razza. Potrebbe al massimo leccare le cose di Dio e annusare, accostarsi, lambire il mistero senza mai penetrarlo. Col Battesimo Dio ci ha dato il suo Spirito che è la chiave per dargli del tu e per scendere in profondità nella relazione, fin dove sappiamo e vogliamo spingerci.
    Poi Gesù riceve l’unica certezza su cui tutto può reggere: sei amato, mi piaci. Nulla per me vale quanto vali tu: in te mi specchio davvero. Su questa base costruisci!
Possa questa radice del compiacimento di Dio che anche a noi è donata col Battesimo reggerci per una vita; senza perdere tanto tempo a crederci poco amabili e trascurati: lui per noi mette in gioco il Figlio e non aveva di meglio, ragionevolmente.
Per le volte in cui a fondare noi stessi non è questo sguardo ‘sereno e benigno’ del Padre, Cristo pietà. Per i giorni in cui ci concediamo il diritto all’autocommiserazione, Signore pietà.
    Il senso di avere un compito da svolgere. Molte vite sono tristi perché mancano di questa prospettiva che invece è il principio della verità e della gioia: della verità perché tutta la creazione e tutta la storia raccontano di questa mano che Dio ci chiede per benedire il mondo; della gioia perché…vuoi mettere? Lui ha bisogno di me!E dove la trovo una soddisfazione più appagante che essere l’aiutante di Dio?

    Certo, senza la chiave finale tutto questo è poesia, allo stato puro.
C’è maniera e maniera di immaginare la presenza dello Spirito in noi e c’è maniera e maniera di sentirsi addosso una missione. Soprattutto: c’è maniera e maniera di capire quel “Tu sei il figlio mio amato. Su di te ho posto la mia compiacenza”.
Sotto la Croce cambia tutto e se uno aveva frainteso si ricrede.
Ecco perché il Battesimo -il suo e il nostro- è un evento aperto.
Solo la Croce lo chiude e lo illumina. È la Croce la chiave: per la lettura del mondo e delle cose che lo Spirito ci chiede di fare, per accogliere la compiacenza del Padre e sapere che ci vuole bene anche quando ci fa un male da morire, per il compito da portare avanti. Senza la Croce c’è ingenuità e pretesa, infantilismo e manie.
Torni nell’ora della Croce la domanda che tutto apre: “Ma tu Dio che ne pensi di me?”. “Di te? Mi piaci, da morire”.
Saper vivere di questa predilezione. E morirci.
Coltivare giorno dopo giorno quel punto dell’anima in cui ognuno sente di essere davvero guardato e amato. Il resto è ombra.
Memorabile la preghiera del grande cardinale britannico John Henry Newman:
    “Dio mi ha creato perché gli rendessi un particolare servizio; mi ha affidato un lavoro che non ha affidato ad altri. Ho la mia missione, che forse non saprò mai in questo mondo, ma mi sarà detta un giorno.
    Non so come, ma io sono necessario ai suoi fini, necessario al mio posto come un Arcangelo lo è nel suo; ho una parte in questa grande opera; sono un anello della catena, un legame di parentela tra le persone. Non mi ha creato per nulla.
    Io farò il suo lavoro; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità stando al mio posto, senza averne l’intenzione, se soltanto ne osservo i comandamenti e lo servo nella mia vocazione.
    Avrò, perciò, fiducia in lui. Qualsiasi cosa io sia e dovunque io sia, non posso mai essere buttato via. Se sono ammalato, la mia malattia può servire a lui; se sono nel dolore, il mio dolore può servire a lui. La mia malattia, o perplessità, o dolore possono essere cause necessarie di qualche grande disegno il quale è completamente al di sopra di noi. Egli non fa nulla inutilmente; può prolungare la mia vita, può abbreviarla; sa quello che fa. Può togliermi gli amici, può gettarmi tra estranei, può farmi sentire desolato, può far sì che il mio spirito si abbatta, può tenermi celato il futuro, e tuttavia egli sa quello che fa.
    Non ti chiedo di vedere, non ti chiedo di sapere, ti chiedo semplicemente di essere messo all’opera”.

padre Fabio, guanelliano