Vangelo della Domenica

2ª Domenica di AVVENTO – anno B

4 Dicembre 2011

 

Mando il mio angelo davanti a Te

 

C’è un inizio per quella ‘notizia bella’ che è Gesù, il Vangelo ha una sua base, un suo punto di sviluppo: “mando il mio angelo davanti a te”. Messaggero è ‘angelo’ in greco.

Dio manda sempre angeli. Uno, in particolare, è deputato ad aprire la pista alla sua venuta; allora Giovanni con la proposta del suo battesimo d’acqua, oggi altri angeli, con altro Battesimo. Ma sempre per fargli strada.

Anche quando l’arrivo di Dio e dei suoi doni sembra un’irruzione improvvisa e diretta, impercettibilmente un certo numero di angeli sono già arrivati per dare la notizia e invitare all’arte più necessaria e più difficile: “preparare”.

Preparare e prepararsi. Che letteralmente è: mettere una cosa (parare) davanti a un’altra (pre). In pratica orientare, posizionare: c’è una cosa -che qui è la venuta di Dio- e ne serve un’altra -che qui è la testimonianza del Battista- che vi predisponga.

Un verbo e un atteggiamento di fondo intrigante, se gli Ebrei ne avevano fatto persino una Festa, la Festa della Preparazione, la Parasceve; non dimentichiamo mai che Gesù morirà nel giorno di Parasceve, per dirci che questo è la morte, un allestimento, una preparazione: c’è una cosa più grande verso cui la morte ci posiziona.

Tutto questo Marco lo chiama ‘inizio’. C’è un inizio e questo inizio è il prepararsi.

Di fronte all’affare bello e unico che è il nostro destino eterno non è dato a nessuno altro passaggio che questo allestimento previo. Non è saggio fare salti, né farli fare.

In casa si entra per la porta e nella casa di Dio si entra con questa ‘parasceve’ dell’orientamento e della predisposizione: Colui che arriva questo chiede, il battesimo.

Ora il Battesimo di Giovanni e il Battesimo nella tradizione cristiana è il battesimo a due tempi: immersione ed emersione, si entrava nell’acqua e se ne usciva.

Andare a fondo e riemergere. Un no e un sì. Una mancanza di respiro e una boccata d’aria, precisamente il contrario dell’esperienza comune per cui tutte le cose prima nascono e poi muoiono. Nella ‘nuova’ vita, nella ‘nuova’ alleanza è chiesta la marcia opposta: prima giù e poi su. E non vai su se non vai giù.

Anche nel Rito del Battesimo questo si dice prima di immergere la creatura nell’acqua: ora andrai giù, piccolo mio, ma questo andare giù l’ha già provato Gesù. È terribile.

Poi tornerai su dall’acqua e sarà un’altra cosa; ti sembrerà di nascere allora.

E lo sai che è bello venire su dall’acqua, ti è già successo la prima volta. Un’altra cosa.

 

Ecco arriva l’Altra cosa. E bisogna andare giù.

Farle morire tutte le cose non predisposte, non indirizzate, senza orientamento.

Viene. E per venire ha le sue vie. Ma se le trova ‘storte’? “Raddrizzate le sue vie”.

Andare a fondo. È l’auto-contestazione senza la quale non si fa nessun cammino. Abbandonare le ambiguità entrando in un’acqua che non ha la funzione di lavarci, semplicemente, ma di ucciderci. C’è un dolore in cui dobbiamo entrare, il dolore dello scrollarsi di dosso i vecchi orientamenti: dove guardavi prima? Cosa ti attraeva? Per che cosa perdevi il sonno? Dove spendevi tempo, beni, energie? Giù.

 

Emergere. Non è ancora un’azione divina, è tutta tua come operazione.

Sei tu che devi venire su, provando la gioia che uno sente quando riesce a camminare dopo la paralisi, udire dopo la sordità, parlare dopo il silenzio, vedere dopo il buio.

 

Appare tutta un’altra idea di conversione, è la conversione dei tempi nuovi, quella predicata da Gesù; ma quando la smetteremo di parlare della conversione come ‘ritorno indietro’? Questa era la ‘schub’ degli ebrei: si erano allontanati dai patti e veniva loro chiesto di ristabilirli. Ma qui è la Nuova Alleanza.

La conversione, che in greco è metà-noia, è appunto un andare “metà”, cioè oltre, al di là, un passo avanti. Prima si diceva: convertiti e sarai salvo; Gesù dice: “sei già salvo”, ora convertiti, per non farla proprio sporca, vedi di adeguarti al livello di cose in cui la Grazia ti ha messo. La Risurrezione ha portato il mondo su un altro piano, perché continui a vivere allo stile del vecchio mondo. C’è un’altra aria; come fai a non sentirla?

In pratica la fede, che è fare un passo avanti, appoggiarsi, crederci, fidarsi.

Conversione è slancio in avanti. San Tommaso dirà: “Prima conversio fit per fidem”. Troverà mai la forza per ‘buttarsi giù’ chi non annusa bellezza? Mica è scemo…

 

A cose fatte potrà capitarti e capiterà che divenga tu l’angelo di un altro; il Padre così ci ha legati gli uni agli altri, da feriti diventiamo guaritori e da destinatari dell’annuncio diventiamo messaggeri.

 

Mando davanti a te il mio angelo. Giovanni il Battista.

Con una mise di tutto riguardo: abbigliamento, dieta, arrangiamenti vari.

È il punto decisivo di ogni annuncio vero; da cosa distingui se quello è un angelo o un imbroglione travestito. Di solito gli angeli di Dio hanno una nota inconfondibile.

Messaggero e messaggio coincidono. Il messaggero è già messaggio.

Come poteva mangiare, vivere e vestirsi Giovanni se l’annuncio di cui messaggero era quello di ‘scrollarsi di dosso’ i tronchi secchi?

Venuto per annunciare la liberazione e lo spogliamento, l’andare giù e il ‘no’, la privazione e la potatura, doveva essere l’uomo della sobrietà.

Angeli e angeli sobri, non flaccidi e intorpiditi. Può andare?

 

Che è la prova del nove dei nostri annunci: messaggero e messaggio coincidono?

E che è la garanzia per essere ascoltati, visto che “uscivano verso di lui folle incredibili”, perché la verità ha sempre il suo splendore e attrae, come la menzogna.

Con la differenza che la verità dura un po’ di più e quando paga, paga tutto.

Se tu sei vero, poi, è il Padre che ti raduna le folle intorno, perché in te si riconosce.

 

padre Fabio, guanelliano