Omelia sul Vangelo

Solennità di Cristo Re – anno C

Solennità di Cristo Re  anno C

24 Novembre 2013

Salvarsi o salvare?

Scelta suggestiva quella di proporre il Vangelo di questo poveraccio accanto a un altro poveraccio, entrambi morenti, in un dialogo che, da solo, vale tutto il cristianesimo, proprio nel giorno in cui la Chiesa proclama Cristo Re e Signore dell’universo.

Un re lo riconosci dallo stile e dal contorno, dagli abiti, dalla residenza, dai servi e dagli attendenti che ne costituiscono la corte. Chi legge questa pagina di Luca, nel giorno della Solennità di Cristo Re, può solo chiedersi stupito: “E questo sarebbe un re?”.

Infatti uno dei due crocifissi farà esattamente questa domanda: “Ma tu non sei quello che diceva di essere il Messia, il Re?”. Allora, forza, facci vedere il tuo potere, perché il potere è dei re: salvati e salvaci! Raccontano meraviglie di te, miracoli sopraffini; adesso ne serve uno a te e a noi, se no qui facciamo tutti una brutta fine...

Mai parole che erano nate come provocazione e offesa saranno più profetiche: sarà proprio quello che succederà: li salverà e si salverà. E sarà data la legge nuova per sempre a tutti i credenti in Gesù: l’antica tentazione latente in ogni percorso umano, quella di mettersi in salvo, pensando anzitutto a se stessi, verrà smascherata nella sua meschinità e grettezza. Vuoi salvare te stesso? Salva l’altro.

Una sorta di antropologia nuova e superiore in cui il valore di un uomo dipende dal valore che costui attribuisce agli altri uomini rispetto a se stesso. Cartesio aveva detto “Cogito...ergo sum”. Cristo sembra dire: “L’altro...ergo sum”. Solo così si rompe il gioco diabolico che devasta il cuore e il mondo: per me o per te? La mia vita o la tua? Tu o io?

Al lettore del Vangelo ora è tutto chiaro. Gesù l’aveva detto tante volte: non sono venuto per me stesso e non vivo per salvarmi. Se era per questo non sarei venuto, non serviva, perchè il mondo questo meccanismo lo porta già scolpito nell’anima: pensare a sè, mettersi al riparo, proteggersi, discolparsi, cavarsela in qualche modo. Con qualunque trucco, magari pagando all’occorrenza, tanto l’ingordigia del denaro è sempre una buona porta per trovare alleati e via d’uscita.

Cristo è Re e l’avventura cristiana è vivere da re, ma si tratta di regalità autentica, non di quella porcheria che si trova in giro; che sferzata grande esce da questa pagina a tutti quelli che hanno potere! Non c’è potere vero se non in questa linea. Questo Re è un re. Re è colui che attende e governa il popolo, dedito e occupato alla sua gente, per la quale esiste. Per sentirsi guidati e sostenuti nella fatica di vivere, per non trovarsi soli nelle prove, per difendersi dalle intemperie, ogni popolo si dava un re. Un protettore, custode. Se un re non è questo, è una caricatura di altro. Re della mia vita è colui che, tra me e lui, pensa prima a me. Tra me e lui, sceglie me.

Che fa un re? Re-gala

La sublimità da brivido di questo passo breve di Luca non sta ancora nelle parole del primo dei crocifissi. Il primo dei poveracci ci ha rivelato cosa non è un re, cosa non fa, mettendoci sull’avviso che ci aiuta a smascherare tutti i falsi re della storia: se uno pensa a se stesso, scartalo. Questo non è un re. È un buffone travestito.

Il secondo dei malfattori ci offrirà il segno di riconoscimento: sai di essere davanti a un vero Re, se a un certo punto ricevi il re-galo, e siccome il re è pronto a soddisfare le tue richieste, dipende da te quello che chiedi. C’è un sacco di gente che continua a chiedere cianfrusaglie e ciarpame, cose inutili, di breve durata, talvolta anche dannose.

Io -potrebbe raccontarci quel morente- io capii che dovevo e potevo chiedergli ‘il’ regalo, l’unico che vale e dura. Sentivo che solo Lui poteva garantirmi la cosa più grande.

Ora, cosa c’è di superiore alla vita e alla libertà? Perchè un prigioniero crocifisso, se tu gli chiedi di esprimere un desiderio questo ti chiede: slegami e mandami libero. No. C’è una cosa che vale più della vita e della presunta libertà. Il Paradiso.

Saggezza da ladri, rubarsi la cosa che vale e lasciare indietro la paccottiglia: mi prendo il Paradiso, il resto lo lascio ai meno furbi. Saggezza da peccatori, colpevoli e crocifissi, con poco tempo e nessuna prospettiva davanti. Perla del Vangelo per tutti i colpevoli senza futuro, presi alla gola dalle minacce del cammino, saper chiedere il Paradiso.

Bisogna però indovinare la porta giusta per il Paradiso e questo furbo del Vangelo, uno dei figli delle tenebre molto più scaltri dei figli della luce, sa infilare la porta indovinata che è riconoscersi colpevoli “Noi giustamente perché siamo solo alle conseguenze delle nostre azioni”. Che bella porta per il cielo iniziare a riconoscere le proprie colpe! Non c’è un modo più sicuro per uscire dall’autoinganno delle tenebre; perchè questa è la forza del peccato su di noi, ci fa convinti che, in fondo, abbiamo fatto bene, che non avevamo scelta, che chiunque avrebbe fatto come noi, che quasi meritiamo un premio per le nostre azioni. Vuoi il Paradiso? Esci anzitutto dall’inganno del peccato, che ti applaude.

Ma la furbizia più alta, quella che ci aiuta a leggere tutto nel modo giusto, non è neppure riconoscere i nostri peccati. C’è chi lo fa e resta comunque nel suo inferno, con un problema in più: gestire i suoi sensi di colpa... L’atto che tutto chiarisce è la percezione successiva: “Egli non ha fatto nulla di male”. Gesù è innocente. Saggezza di capire che Cristo non c’entra, che Lui non ha colpe. Sta davanti a Dio senza incolparlo, questa è chiaroveggenza, quasi geniale nelle sue condizioni: mettersi così davanti a Dio, sapendo che non gli si può rimproverare nulla, che Lui è buono e unicamente bene regala.

Il ladrone doveva uscire da quell’inferno che era il suo patibolo e capisce che solo una cosa può trasformare l’angoscia in gioia e lo schifo in gloria: lo stare con Gesù. Sa che questo è il Paradiso, stare con Lui. E questo chiede, perchè questo è il vero potere e Lui intuisce che quel Re quel potere ce l’ha. Incredibile, senza sbagliare un colpo, questo poco di buono ha capito tutto: il vero potere non ce l’ha chi li sta crocifiggendo e insultando, il potere autentico appartiene a questo Re burlato che li perdona tutti.

Perchè il potere non è una cosa cattiva. È una cosa buona. Un’occasione.

Lui chiede e ottiene, perchè ha saputo chiedere. Qui infatti Gesù non prega, ma garantisce: “Te lo assicuro: oggi sarai con me”. Come un autentico Re, che non chiede nulla a nessuno; promette e mantiene, quando e come vuole Lui.

 

padre Fabio, guanelliano