VANGELO DELLA DOMENICA

IV-dom-quaresima-anno-c

4ª Domenica del Tempo di Quaresima – anno C
10 Marzo 2013

Una parabola in cerca di titolo

Per me é sempre stata la Parabola del figliuol prodigo, dagli anni del catechismo. Ma da una ventina d’anni a questa parte ogni volta che la sento commentata mi sorprende il nuovo titolo che le affibbiano. Parabola del Padre buono, del perdono, della misericordia, del figlio perdonato, della riconciliazione, del figlio maggiore e chissá quanti altri. Prospettive, angoli di lettura; Ortega y Gasset diceva: “il punto di vista fa il panorama”.
Due cose sono chiare.
Anzitutto il movente: perché Gesú la racconta; anzi per chi. Si tratta di scribi e farisei colti a mormorare il comportamento discutibile di Cristo che gestisce cattive frequentazioni. Quindi la mira é su questi capi della cultura religiosa giudaica che non riescono a leggere l’evento della porta spalancata ai peccatori. C’é in corso una festa ed essi non entrano, precisamente come il figlio maggiore della parabola che non riesce a entrare in quella gioia del ritrovamento.

In secondo luogo la tensione. Appare evidente che uno dei punti di conflitto costante fra Gesú e le guide del suo popolo fu la sua simpatia per i peccatori; la sua accoglienza verso di loro e la comunanza della mensa, che era uno dei segni piú forti della comunione, suscitano irritazione e mormorazione. Il Vangelo mette in luce senza ombra di dubbio che si trattava di una prassi, non di un atteggiamento occasionale per il Signore; difatti lo avevano apostrofato ‘mangione e beone, amico dei peccatori’. Questo gesto permanente costituiva una rottura palese con le regole della puritá legale che vietavano la condivisione di mensa coi peccatori e non si puó leggere solo come una diversitá di stile; c’é l’annuncio di un Dio diverso. Scribi e farisei dicevano: Dio lo si onora separandosi da certa gente, perché Lui é il Dio che non ha nulla a che spartire con certa immondizia di persone. Cristo Gesú fa proprio il contrario: li sceglie  e si fa scegliere. Non é uno scontro sociologico e comportamentale, ma teologico.
Il centro dell’annuncio di questa parabola é pertanto molto chiaro: chi é Dio per te? Che Dio annuncii? Quali sono le preferenze di Dio e dove vanno le sue attenzioni? Insieme alla domanda se Dio, per caso, scarta qualcuno.

Chi é il tuo Dio?

Questa pagina rivela anzitutto quali sono le persone piú difficili che si possono incontrare, quelli modello scribi e farisei. Moralisti indignati di fronte ai peccati altrui, gente che si perde il meglio di Dio e cioé la gratuitá, il sentirsi amati perché figli, non perché bravi.
Questa pagina e l’intero Vangelo presentano Gesú come uno con cui i peccatori stavano molto volentieri; infatti il Vangelo dice che “gli si avvicinavano”. Non solo lui é loro amico, ma essi lo cercano. Scribi e farisei non erano persone scorrette e immorali, assoluamente. Tutt’altro: gente integra, integerrima, che si sforza con sacrifici immani di raggiungere la perfezione. Ma un peccatore li avrebbe mai invitati a mensa costoro? No, invece Cristo lo invitano ed egli ci va, senza metterli a disagio.
Anche scribi e farisei non negavano l’accoglienza a chi avesse dimostrato di pentirsi. Ma la novitá di Cristo sta nel fatto che egli ama i peccatori prima del loro ravvedimento. Prima c’é la sua sua simpatia cordiale e la sospensione del giudizio, poi si ravvedono. E Gesú non li accoglie cordialmente per superficialitá; egli é venuto a “chiamare” i peccatori e tutti sanno cosa sia il verbo chiamare nel Vangelo. Dice due tappe: vocazione e missione da parte di Dio, conversione e dedizione da parte dell’uomo. Quando senti di essere stato amato -proprio tu!- e di avere una cosa bella da fare nel mondo -proprio tu!- allora cambi vita e la regali tutta a Cristo.
Sia chiaro per sempre. Quello che fa cambiare vita non é il pentimento, ma il perdono e il perdono fa scattare il pentimento. Non c’é ombra di pentimento nel figlio minore. Appare solo la realistica valutazione di ció che é piú conveniente. Per dirla tutta: nel figlio dissoluto comanda la fame. Quando il Vangelo dice che “rientró in sé” dice solo che prende atto di dove sta, di dove stava, della tristissima realtá del peccato che ci porta fuori dalla zona di Dio, illudendoci, e ci lascia soli e senza foraggiamento. La memoria scolpita in lui é la memoria “del pane in abbondanza” della casa paterna in contrasto con le carrube e...neppure quelle!
Lo convertirá l’amore del Padre, non la fame. La fame é solo l’ora della veritá che fa scattare la prima consapevolezza: quanto sono stato fesso! Che grande delusione... Ma per arrivare al ravvedimento sará necessaria l’esperienza di sentirsi amati perché cercherá pane come un mendicante e gli verrá dato l’abito bello, l’anello al dito, il capretto, la festa. Troppo. Cosí troppo che il figlio maggiore scoppia, perché rileva una eccedenza. Ecco cosí é Dio: eccedente, non misurato e calcolatore.

E a me cosa dice?

Se tua moglie sbaglia, ha paura di dirtelo? Se ha paura, qualcosa non funziona in te, forse in te non c’é misericordia. Se tuo figlio sbaglia e ha paura a dirtelo, vuol dire che tu, prima di perdonare...che fatica! Se un tuo sottoposto sbaglia e non te lo confessa significa che si é in pieno regime, con il terrore della condanna.
Allora chi sono questi scribi e farisei che emettono giudizi feroci su chi sbaglia e li appartano? Gente che non conosce Dio. Che non lo conosce come Padre, che non é stata amata, perdonata, che non ne ha sperimentato l’ampiezza.
Perché nella parabola in questione c’é misericordia per il figlio minore e per il maggiore, questa é la parabola dei due figli, in cui uno non vede l’altro. Il minore se ne va e se nostalgia lo prende é nostalgia del Padre, della casa, dei salariati, dei servi, del cibo, ma non fratello! Ricorda tutto, ma del fratello neppure l’ombra. Cosí il maggiore che vede il Padre, la casa, i campi, i capretti...ma non il fratello!
Entrambi lontani dal cuore del Padre: uno scappa stufo, l’altro resta forzato; uno fugge come un carcerato che cerca aria, l’altro resta come un carcerato nella gabbia.
É la parabola dei fratelli che non si incontrano, non si amano, non si parlano e di Dio che non riesce a mettere in pace i fratelli. La parabola del dramma di Dio.

  padre Fabio, guanelliano