VANGELO DELLA DOMENICA

4-avvento4ª Domenica di Avvento – anno C
23 Dicembre 2012

Al centro il grembo

Ad Avvento terminato, col Natale alle porte, la Chiesa ci fa meditare il grembo della Madre. Per tre volte la parola grembo appare in questo brano conosciuto come ‘Visitazione’.
Mi pare un primo appunto da prendere: la concretezza, il realismo di Cristo in noi come qualcosa che non resta sentimentale, né concettuale, ma ti entra nel grembo e modifica il tuo tessuto, proprio come capita nella gravidanza. Certi passaggi di Cristo in noi senza dilatazione della pelle, senza stravolgimento della carne e senza travaglio del parto sono idee, qualche volta fissazioni. Modello per ogni credente è la gravidanza con le sue implicanze: Cristo nasce in te se avviene una gestazione.
Non è molto elegante per alcuni; di fatto quanti sono stati i tentativi lungo la storia di rendere meno fastidiosa l’immagine e alle stupende parole “fructum ventris tui”, frutto del tuo ventre, si è stupidamente sostituito “del tuo seno”!Tutti noi siamo nati dal ventre di nostra madre, tra sangue, liquidi biologici vari e tanto dolore da parte di chi in quel momento ci metteva al mondo. È la vicenda meno concettuale del mondo dare alla luce un bambino e in questa vicenda, con questa immagine, è detta tutta la nostra fede: qualcosa che nasce in te, prende corpo e alla fine esce da te, una vera e propria vita che ha stravolto e segnato per sempre quello che eri ‘prima’.
La prima suggestione che prenderei in prestito da questa Domenica di vigilia è il grembo, il nostro grembo in cui il Padre vuole che nasca il Figlio. Senza spiritualizzare troppo, perché Maria fu fecondata dallo Spirito Santo, ma poi lo sentì, lo vide crescere in lei, lo sentì muoversi, gli diede il suo sangue durante nove mesi. Il grembo dice bene la presenza del Cristo in noi attraverso ciò che chiamiamo ‘fede’: c’è qualcosa di visibile, le protuberanze appunto del ventre, e c’è qualcosa di invisibile. Scontato, allusivamente presente, ma invisibile. E ciò che è invisibile è più reale del visibile, anzi lo fonda e lo spiega…

Visitazione

Lo Spirito Santo, che è la potenza di Dio, irrompe sempre così con le sue visite: sconvolgendo e piegando ai disegni di Dio, lo riconosci dal movimento che mette in circolo; di fatto questo primo capitolo di Luca, letto tutto d’un fiato e non a spezzoni come ci chiede la liturgia, darebbe subito l’idea di una strepitosa trasformazione.
Una serie di gente ‘visitata’ da Dio la cui vita è buttata all’aria e destinata a ripensarsi: Zaccaria visitato che non crede e diventa muto, Maria visitata che chiede delucidazioni e riceve indicazioni per cui deve mettersi in moto, Giuseppe visitato che sente tutta la fatica delle richieste di Dio e diventa padre senza sapere come e perché di una creatura non sua, Elisabetta visitata che in vecchiaia sperimenta l’impensabile… con i sussulti della gravidanza. Tutti “visitati”, tutti messi in movimento.
Maria, visitata, va a visitare; è suo diritto, è stato l’angelo a dargli l’istruzione: “Dio è capace di tutto. Se non mi credi, vai a verificare di persona quello che sta capitando alla tua vecchia parente Elisabetta”. Cerca una conferma, Maria, e l’avrà perché il nostro Dio chiede fiducia, ma non vuole che l’assenso nostro maturi nel buio più totale. In fondo Maria ha già dato prova di apertura e disponibilità, ha già detto di accettare; un giorno suo Figlio avrebbe pianto sulla città di Gerusalemme incapace di riconoscere le visite di Dio; oggi lei, Figlia di Gerusalemme, ha saputo riconoscere quella Visita e per questo fiuto la vecchia parente la benedirà: “…tu che hai creduto”. Quanto un atto di fede può cambiare le cose…Tu credi e tutto prende un’altra piega!
Come se Elisabetta gli dicesse: guarda cosa è successo da un piccolo sì…

Il numero due

Su questo testo della Visitazione di solito si leggono pagine di commento a quell’indicazione del testo greco “metá spoudés”, “in fretta”. E si parla di carità, di poveri, di Maria che va a soccorrere la vecchia parente in necessità, affrontando disagi innominabili come le montagne di Giudea. Magari sarà così, ma il testo non lo dice. E neppure il contesto. E neanche il buon senso!
Il Vangelo è sempre concreto e chi conosce un po’ da vicino cosa succede alle donne in attesa non farebbe mai certi voli: quando mai una donna a inizio gravidanza, come è Maria, con tutte le complicazioni fisiche dei primi mesi, dalle nausee all’indolenzimento generale, con il corpo che deve adattarsi alla nuova presenza, si metterebbe a fare viaggi epici? Tra l’altro: tanto sforzo per andare lì, e poi? Il Vangelo dice che Maria tornò a casa sua prima del parto di Elisabetta. Ma come? Non è andata ad aiutare? E chi non sa che una donna, se c’è un momento in cui davvero necessita aiuto non è il sesto mese, ma i giorni del parto e quelli immediatamente seguenti?
Non mi convince davvero la classica predica sulla carità e sul servizio che qui, almeno qui, non c’entra molto. Dove si parla di aiuto? L’antica, classica Icona della Visitazione, nel ciclo pittorico dei misteri di Cristo, può invece aiutarci a entrare nel mistero di questo incontro in cui è esaltato il numero due: due grembi, due madri, due annunciazioni, due nascite con una missione, due padri nell’ombra…
Per la prima volta ciò che è duale non è conflittuale. È duale, ma è grazia, abbraccio, accoglienza, complimenti sinceri, gioia reciproca, ammirazione. E c’è danza, affetto, bellezza di sguardi. Nessuna invidia, nessuna rivalità. Invitati a meditare la condivisione dei doni di fede, senza contrapposizioni: quello che Dio genera in te è bello, ma non è mai solo per te, e quello che genera negli altri è ancora più bello e ti riguarda.
Così va la storia della salvezza: di grazia in grazia, di regalo in regalo. Il resto è fuori dai disegni di Dio. Ciò che è fuori dall’abbraccio non viene dal cielo. Infatti questo vangelo in greco è detto con un termine classico: “aspasmós”. Che significa senza strappo, senza violenza, senza nervi, abbracciando con calma e con gioia. Aspasmos significa ‘saluto’ ma tutti sanno come sono i saluti orientali, non piccoli cenni e parole abbozzate, ma condivisioni lunghe e profonde. C’è gente il cui viaggio ha subito ritardi per colpa dei saluti. Saper perdere tempo mentre ci si scambia i doni di Dio.

  padre Fabio, guanelliano