VANGELO DELLA DOMENICA

II-avvento2 Domenica di Avvento – anno C
9 Dicembre 2012

Chi sta sopra e conta davvero

Efficace e geniale, Luca introduce il suo profeta Giovanni che sarà battezzatore nel contesto dei capi di allora, civili e religiosi: dall’imperatore, al suo procuratore in Galilea a una serie di reucci locali, abbastanza confinati, ma in carica. Fino alle autorità religiose del tempo: il titolare effettivo e l’eminenza grigia.
Con una sola entrata dice già tre cose.
Prima: non siamo davanti a storielle, quello che ora vi racconto ci è stato sulla pelle, è effettivamente capitato e noi l’abbiamo visto.
Seconda: tra tante autorità in campo chi sceglie Dio per parlare? Nessuno di quelli elencati, che è già un’indicazione di valore sul tema. Passi per le autorità civili, ma almeno i sacerdoti ‘incaricati’ del servizio alla parola di Dio! Nessuno. Uomini scelti per guidare, ma scartati da Dio. Su di loro la parola non scende.
Terza: fra tanti capi chi ha vera autorità? Chi sta realmente sopra? Dio solo; infatti sceglie Lui su chi posarsi con la sua parola. Avere Dio per capo, al di sopra di tutti; non vivere da spie o soldatucci di questo o quel governo. Questa è libertà.
Tre indicazioni, tre inviti.

Primo: ti sei mai messo davanti alla vicenda di Gesù considerandola come ‘un fatto’ o continui a vivere la tua fede come un’idea, magari anche buona? Il tuo Cristianesimo è la ripercussione di un fatto o la passeggiata dietro a un’idea?
Secondo: chi ascolti nella tua vita? Attento a non sbagliare pulpito, perché Dio da certe bocche non si lascia mai annunciare; cerca la sua parola sulla bocca di profeti autentici! E un profeta è vero se è sceso nel deserto, se non è ricattabile su quello che annuncia, se conduce una vita sobria, se alla fine è disposto a pagare qualunque prezzo per quello che annuncia! Quanti ascolti sbagliati nella nostra giornata terrena…
Terzo: puntare alla libertà, senza la quale c’è solo la recita e la scimmiottatura del vivere; bisogna decidersi a uscire dall’orbita di Tiberio, di Pilato, di Erode e di qualunque principino. Smetterla di vivere a corte.

Giovanni il Battista

Se vuole dirci qualcosa, Dio sa far nascere dovunque chi ce lo dica; sì, anche da una donna vecchia e sterile, come Elisabetta, e da un uomo incredulo e muto, come fu Zaccaria per un certo tempo, può nascere il figlio della Parola affidabile. Chi l’avrebbe pensato o detto?
Compresi solo alcuni anni fa, ero già prete da tempo, la grandezza di questo umile servitore del regno quando con sorpresa vidi che  a Damasco, nella Moschea degli Omayyadi, quasi al centro del tempio, i musulmani veneravano la tomba di Giovanni il Battista. In uno dei luoghi più santi dell’Islam, circondata dal culto di gente povera…
Uscendo dalla sua unicità e tipicità, cosa può servire per noi oggi, profeti di questo tempo della Chiesa?
Può dire una parola nel deserto degli altri solo chi il deserto l’abbia scelto e vissuto sulla pelle; non dimentichiamo che l’annotazione ‘nel deserto’ fa riferimento ad una realtà oggettiva. Non è il deserto del cuore, il deserto dell’anima, il deserto dei sentimenti o dei pensieri per noi che siamo abituati a metaforizzare tutto. Il deserto è il deserto. E cosa c’era nel deserto mentre Giovanni parla?
Era un luogo di vita alternativa. Pullulava di monasteri e di comunità dove entravano tutti i nauseati dell’andazzo corrotto e insipiente che si giocava all’ombra della corte dei potenti citati. Il deserto era la scelta di quelli che abbandonavano l’ambiente ebraico con le sue assurde contraddizioni e sceglievano una vita austera, fatta di preghiera, di sincerità, di relazioni pulite, di studio e di silenzio, di lavoro.
Andare nel deserto significava protestare con la propria vita. Come dire: io la mia unica vita che ho non la butto al macero in quello schifo di mondo che tutto avvelena e dove si fa fatica a udire l’unica voce che porti gioia al cuore dell’uomo: la Voce.
Fare scelte che nessuno fa. Dire cose che gli altri tacciono. Disertare le piazze frequentate e abitare i luoghi del mistero. Dare la propria vita per udire la Voce di Dio.
Giovanni il Battista ci appare come il ‘risultato’ del deserto. Mi incupiscono le descrizioni abbastanza dure che si fanno in genere di questo profeta della salvezza: se ne parla come di un gigante delle caverne, rude e forte. Non discuto; io lo percepisco anche umano: accoglie, parla, ascolta, indirizza. La gente si mette in fila per ascoltarlo dopo aver lasciato le proprie dimore e aver camminato a lungo. Lo faresti tu per un bruto?
E poi parla di una gioia da capogiro: Dio che viene a cercarci! “Ogni uomo vedrà la salvezza del Signore”. Basterebbe questo per voler cambiare vita: sentire il Dio che vuole toglierti le catene di dosso e vederlo venirti davanti, incontro, chiunque tu sia. Dio incontro a me. E Giovanni che ti suggerisce un’operazione necessaria, l’unica che sia davvero alla tua portata: elimina gli ostacoli, rendi possibile l’incontro, colma le fosse di ingiustizia e di menzogna. Dio vuole venire, vederti, parlarti, salvarti. Ma tu ci stai o no? Non pretenderai che lo faccia tra gli sbadigli della tua pigrizia, quasi per forza!

Due storie

Luca parla di due storie. Una si sbobina intorno a quei nomi citati: Tiberio, Pilato, Lisania… L’altra è quella che va a trovare Giovanni su strade di scelte alternative. Dipende da te: a quale storia vuoi appartenere e legare il tuo nome?
L’ironia della sorte è che Erode oggi sarebbe uno sconosciuto se un giorno non avesse fatto rinchiudere e ammazzare Giovanni; come Pilato sarebbe una nullità se un giorno non avesse firmato la crocifissione di Cristo. A costoro è data storia da quella storia che volevano calpestare. Grande Dio…

padre Fabio, guanelliano