3 Gennaio 1912 - 3 Gennaio 2012

Cose di 100 anni fa

QUANDO FUMMO COMMISSARIATI

“una Congregazione mezzo sconquassata”

 

            3 Gennaio 1912 ai Servi della Carità è assegnato un Visitatore Apostolico

            Qualcuno potrebbe preferire il silenzio su certe date, ma oso pensare che don Guanella oggi avrebbe invitato tutti a un segno di festa per lodare il buon Dio: magari un pezzo di bresaola, gli amaretti di Saronno che lo incantavano soprattutto se accompagnati da un goccio del suo amato Braulio.

             100 anni fa, proprio come oggi 3 Gennaio, la Santa Sede disponeva per i Servi della Carità il Visitatore Apostolico nella persona di mons. Francesco Balconi e del suo vice don Carlo Lucchini. Era il 1912 e quella tegola fu un regalo della Provvidenza, perché chi è trasparente esce esaltato da qualunque controllo; magari qualche tirata d’orecchie sui dettagli perché se gli esaminatori non trovano errori si squalificano da soli. Per i Servi della Carità, al di là di ogni successiva interpretazione, fu una glorificazione ante litteram del Fondatore. Che va riletta oggi, col cuore gonfio di gratitudine e con la consapevolezza che 100 anni fa questo regalo fu sì impacchettato in carta di lusso, ma dentro si presentava come una bomba; il Fondatore era abituato a certi dolci serviti in salsa amara.

            I risultati sono quelli che contano: sette mesi dopo a don Guanella e ai suoi veniva regalato il sospirato ‘Decretum Laudis’ per il quale si era al lavoro da oltre sedici anni, perché la Congregazione dei Servi della Carità fosse riconosciuta dalla Chiesa.

            La cornice

            Fin da Pianello don Guanella si era preoccupato di offrire ai suoi figli non solo un’adeguata formazione, ma anche un corpus legislativo proprio, in vista delle due approvazioni, quella diocesana e quella pontificia. Da oltre trent’anni andava leggendo le regole di altri istituti, confrontando, migliorando e adeguando la sua fondazione. Uno sforzo considerevole perché ebbe sempre l’impressione di dover comprimere qualcosa di vivo e di mosso dentro una gabbia fissa e misurata; questo sforzo però aiutò la causa impagabile di offrirci per sempre il meglio del meglio, l’irrinunciabile, quello che la letteratura della vita religiosa chiama ‘proprium’.

            Uno dei suoi travagli fu il riconoscimento di Roma; dopo anni di esami e revisioni, che segnavano continue speranze e successivi scoraggiamenti, finalmente gli era stato presentato il redentorista padre Claudio Benedetti che era consultore del dicastero vaticano per i religiosi. Uomo navigato e prudente oltre che esperto nella materia giuridica guidò don Guanella passo passo e ne abbracciò totalmente la causa, diventandone amico sincero e devoto. Fu lui a orientare la Congregazione verso la famosa Professione dei voti perpetui del 24 Marzo 1908 per i primi confratelli, poi estesa nel tempo e nello spazio a molti altri Servi della Carità. In quello stesso anno si sperava ottenere l’approvazione pontificia per le due Congregazioni, ma si riuscì solo per le Figlie di Santa Maria mentre per i Servi della Carità non si ritenne opportuno.    Che periodo fu per don Guanella quello che va dalla Professione del Marzo 1908 all’indizione della Visita Apostolica nel Gennaio 1912 è difficile da sintetizzare perché si tratta di anni esplosivi di rapporti e di tensioni, di sviluppi e di direzioni.

            Certamente vanno sottolineate le nuove presenze di Lipomo, Trecenta, Trenno, Montagna e Berra, con tutto quello che significarono per l’impianto. Ma il cuore dell’impegno del Fondatore sta tutto su Roma nelle due direzioni dell’Approvazione pontificia per i suoi e della presenza al Trionfale con la costruzione della Chiesa.

            Erano appena stati avviati gli asili di Arzo, Cadro e Oltrona, e poi Saronno, Roma San Pancrazio, Ferentino e Gatteo, che richiedevano l’iniziale accompagnamento; fervevano i lavori alla Chiesa di Vicosoprano e si avviavano pratiche per la vendita di Roma Monte Mario e del San Gaetano di Milano; si era prestato per i soccorsi ai terremotati di Reggio e Messina; molto tempo lo tenevano occupato anche i Processi di sua sorella Caterina, di Suor Chiara e dell’arciprete Rusca; tutte le case inoltre erano alle prese con sviluppi di ogni natura; intanto si profilava, all’orizzonte, la missione negli Stati Uniti per la quale inizia già le trattative.

            Tensioni profondissime gli procuravano le opere nelle Marche, per la locale incomprensione e malevolenza, tanto che arriverà inusualmente a definirli in una lettera a don Bruschi: “Canaglie, canaglie…canaglie tenaglie!”.

            Molto tempo si perdeva con avvocati, tecnici, periti dietro a calcoli e vertenze perché uno dei problemi del Fondatore fu l’amministrazione: era poco incline a lasciar entrare altri e di fatto non aveva soggetti capaci in questo settore. Doveva fare da solo e siccome era di cuore generoso e ottimista spesso prendeva solenni cantonate sulle quali arrivava puntuale il rimbrotto di Suor Marcellina.

            Il suo animo si sarebbe volentieri dedicato ad altre vicende. Ne fa fede un gioiello di lettera inviata all’amico Trinca per augurargli il Capodanno 1911. Trinca era stato suo, ma poi si era deciso per la Certosa e don Guanella gli scrive:

                        Caro fra Giuseppe
            Vedi? tu sei il primo al quale scrivo nel nuovo anno e il faccio tanto volontieri perché ti ricordo sempre e ti scriverei anche più sovente se non fosse il timore di disturbare i tuoi soliloqui con Dio.
            Vorrei poter io pure almeno per qualche settimana goder di codesta tua invidiata quiete, ma le   sollecitudini delle varie opere me lo impediscono; io devo contentarmi di fare da Marta più che da Maria. Compi ora tu quello che manca a me e raccomandami a' tuoi confratelli e superiori venerandi.
            Nel corrente anno speriamo mettere al coperto la grandiosa Chiesa di S. Giuseppe a Roma.
            In Domino caro Giuseppe. Tua sorella Orsola è per il Paradiso nel corrente anno.
            In Domino aff.mo D. L. Guanella - Servi della Carità ti salutano.

            Furono anni segnati anche da prove forti per il suo animo: la persecuzione contro l’amato card. Ferrari, il fattaccio morale relativo a don Formentelli in Val Bregaglia, lo scandalo mediatico che investì l’amico carmelitano padre Beccaro, la morte di don Ghinelli a Gatteo e del carissimo salesiano don Rua, la precoce morte del trentenne servo della Carità don Paolo Guffanti per tisi e di oltre trenta suore tra cui l’amata suor Giuseppina Fusi.

            L’unica striminzita consolazione in tanta voragine di problemi fu la sua nomina a Canonico Onorario della Cattedrale di Como, il 23 Novembre 1909; in fondo era la prima volta che la sua Diocesi lo riconosceva, anche se con un ritardo imperdonabile e in una forma abbastanza sciapa, che lo fece sorridere.

            Per le sue Congregazioni si era impegnato quotidianamente in ogni direzione e l’ultimo parto era stato il Regolamento, nel 1910 per i Servi e nel 1911 per le Figlie.

            Finalmente il 5 Novembre 1911 aveva mandato al Papa il libro delle Regole e chiesto in modo decisivo l’approvazione dei suoi Servi; negli stessi giorni mandava richiesta a tutti i Vescovi dove erano presenti i suoi sacerdoti perché scrivessero una testimoniale a Roma in vista dell’approvazione: si trattava di dare il proprio appoggio per la causa con una lettera commendatizia. Era totalmente ignaro che intanto Roma gli stava preparando un altro regalo: aveva già ricevuto dolci confezionati d’amaro; questa volta si trattava di veleni fasciati di zucchero.

            La tegola risaliva a tre mesi prima: il card. Respighi, Vicario del Papa per la Città di Roma, riceveva nell’Agosto 1911 un ricorso, di cui non è dato sapere, che lo invitava a riflettere bene sull’operato di “quel santo prete di don Guanella” accusato come mancante di tatto pratico per la guida della sua Congregazione. Si doveva trattare di persona stimata o nota se il Respighi qualche giorno dopo trasmette queste accuse in una lettera al card. Vives y Tuto, prefetto del dicastero per i religiosi e suggerendo di inviare ai guanelliani un Visitatore Apostolico. Vives y Tuto ne parlò con Pio X che nell’udienza del 7 Settembre 1911 autorizzava la Visita Apostolica a patto che il Visitatore fosse indicato dal card. Ferrari e si trattasse di persona prudente e mite; così che la Visita fu presentata a don Guanella dentro paratie comode e sicure, quasi come una ‘protezione’ verso la sicura approvazione.

            Di fatto quando alla fine della vita del Fondatore mons. Balconi scriverà la sua relazione a Roma attestando che l’unico capace di succedere potrebbe essere Bacciarini , scriverà “…tutti gli altri membri dell’Istituto hanno accolto e ricevono le ingiunzioni di codesta Sacra Congregazione come oneri poco giustificati, abituati come sono a fare del bene con libertà a modo loro; e tale era la divisa di don Luigi Guanella, tanto che il Visitatore Apostolico ricevuto sulle prime come un protettore, fu poi sempre noncurato come un vincolo noioso”. Dunque da protettore a fastidio.

            Il quadro

            Chi era il Visitatore Apostolico? Praticamente si trattava di un vero e proprio ispettore con un compito di natura istruttoria, inviato allo scopo di far luce su fatti non chiari. La Santa Sede al momento di verificare abusi e incongruenze abitualmente interviene con atti di sanzione ordinaria o di immediato giudizio; quando le vicende però presentano almeno due verità ed è complicato sentenziare ecco lo strumento della Visita Apostolica che comincia da un vero e proprio decreto di ispezione, aperta nel tempo e larga nella forma, abitualmente plenipotenziaria. È un’inchiesta che nasce da accuse e sospetti.

            Il Card. Ferrari aveva scelto l’Arciprete del Duomo di Milano, mons. Francesco Balconi, degli Oblati di San Carlo e come convisitatore don Carlo Lucchini, più giovane, che apparteneva agli Oblati vicari. Balconi si mise all’opera subito tanto da poter inviare giù una prima relazione a Febbraio; nel Maggio seguente poteva comunicare a Roma l’avvenuto Capitolo Generale con don Guanella acclamato Superiore Generale all’unanimità e con consiglieri più adatti e più capaci: vicario don Bacciarini, poi don Vannoni, don Mazzucchi segretario e don Alippi economo.

            La costituzione del nuovo Consiglio generale e la stampa delle Regole con la distribuzione a tutti i confratelli fecero maturare immediatamente i passi verso l’approvazione e nella riunione del 2 Agosto 1912 il cardinal ponente Gaetano Bisleti proponeva la concessione del ‘Decretum Laudis’ che veniva emesso il 15 Agosto, fermo restando l’impegno di Balconi a continuare nella sua opera perché venissero appianate tutte le obiezioni rilevate. La Visita Apostolica durò fino al Novembre 1915 perché con l’avvento di Bacciarini in sostituzione del Guanella tutto trovò graduale risoluzione.

            Fu castigo o fu misericordia?

            A leggere oggi quelle relazioni di mons. Balconi e le applicazioni della Sacra Congregazione c’è da lodare Dio.

            Ne viene fuori un quadro davvero interessante dell’uomo e del santo oltre che della sua creatura, la fondazione guanelliana.

            Anzitutto su don Guanella: “Il Fondatore è un uomo di Dio, che ha una vera vocazione dal cielo a fare quanto fa e nella sua vita è di esemplare pietà e mortificazione, e insieme attivissimo ed energico”. Fu mai dato un giudizio più lusinghiero mentre il nostro era in vita? C’è il riconoscimento di una vita santa e laboriosa unito al sigillo dell’origine divina dell’opera.

            Poi sulle opere guanelliane: “sono di soccorso a tutte quelle miserie che non trovano soccorso nelle altre opere di carità”. Cogliendo nel segno del proprium: essere noi nati per servire ‘quelli di nessuno’, tutti quei poveri che non saprebbero dove perché non esiste un’istituzione per loro. Diciamolo: per gli scartati.

            Quindi sui Servi della Carità: “i membri dell’istituto sono di buono spirito e animati dal desiderio di santificare se stessi e di fare del bene agli altri”.

            Altra affermazione capitale per scoprire la mens del Fondatore era il rilievo circa i rapporti tra i Servi e le Figlie: “Resta nella convinzione di tutti in Congregazione e quindi resta nello spirito di essa che i Servi e le Suore siano fratelli e sorelle, e che quindi le case debbano considerarsi come comuni. Ne viene che in tutte le case dei Servi (anche per economia) vengono quotidianamente dalle loro case alcune suore, sempre quelle, per il disimpegno degli uffici di casa, cucina, bucato, pulizia, ecc.; e ciò porta, non ostante tutta la buona volontà e tutte le precauzioni, un contatto troppo frequente e famigliare e un pericolo che un po’ di rilassamento di disciplina porti col tempo a qualche scandalo”.

Spettacolare il rilievo sul concetto di ‘case comuni’ e l’accenno che questo sia radicato in essi come facente parte dell’ossatura esistenziale dell’opera: ci credono proprio! Potrebbe sembrare un’osservazione negativa mentre era precisamente la rispondenza al disegno: così li voleva don Guanella i suoi figli…col rischio del contatto frequente. Mai avrebbe pensato a scandali possibili. Tra fratelli e sorelle?

            Il gioiello tra i gioielli di queste relazioni emerse solo nel 1915, quando Balconi proponeva ormai l’approvazione di Istituto e Costituzioni perché la vita era ormai regolare ed esemplare, ma Roma -insistendo ancora sulla scarsa separazione dei Servi dalle Figlie- veniva ad affermare che “dovendosi i Servi occupare anche del Ministero Apostolico sarà troppo per loro occuparsi anche del ricovero dei vecchi”. Non solo lo stesso Balconi restò perplesso all’indicazione della Sacra Congregazione, ma fu la goccia giusta perché don Guanella e i suoi esplodessero in una lettera inviata nel Luglio 1915 che resta come un testamento per noi. Tra le altre cose ribadisce quanto la cura degli anziani appartenga alla nostra specificità:

            “…ci parve di essere fin dalle sue origini troppo caratteristico del nostro Istituto il ricovero della vecchiaia abbandonata, perchè ora si potesse rinunciarvi. Al nostro fine specifico di ricovero era aggiunto -è vero- quello della vita apostolica; questo è però un ramo concesso ormai -e per i bisogni delle anime e per utile esercizio delle varie attitudini dei membri sacerdoti d'un Istituto- a quasi tutte le Congregazioni in varia misura e a noi confermato dallo stesso Sommo Pontefice pur conscio delle finalità specifiche dell'Istituto nostro. E il ricovero dei vecchi fu sempre principale scopo e ragione nostra, messa in evidenza nella sua unità di concetto con il ricovero della fanciullezza abbandonata…”

            Non porta molto lontano entrare nel giudizio di merito del Balconi circa i punti negativi che additava come corrigendi perché era già in atto una politica di ordinamento soprattutto su spinta di Bacciarini e Mazzucchi che molto divergevano da don Guanella quanto al concetto di ‘vita regolare’. Balconi poi si rivelò personaggio abbastanza discutibile se lo stesso Bacciarini ebbe a dire “Mi sorprese la poca serietà in fatto di segreto di mons. Balconi: tutto sommato è un Visitatore che lascia il tempo che  trova…Mi sorprese sommamente che monsignor Balconi abbia parlato con membri dell’Istituto del mio abboccamento col cardinal Bisleti il quale si ridusse, più che altro, a lamentare la mancanza di un noviziato regolare (in senso canonico della parola). Monsignor Balconi -nella sua qualità di visitatore- ha commesso uno sbaglio inqualificabile ed ha perduto ogni diritto a confidenza da parte dei membri dell’Istituto. Io sto attendendo una decisione che mi riguarda personalmente: qualora questa si risolva in un dato senso, farò conoscere a chi didovere la poca prudenza del Visitatore e quel che sarà, sarà. Certo è che ogni dì più mi confermo nel giudizio condiviso pure dai confratelli di qui, che come visitatore ci vuole un religioso e non un prelato, il quale, per quanto dotto, non conosce che in teoria la vita religiosa”.

            Le denunce del Balconi, rilette oggi, possono sembrare a chi conosca un po’ don Guanella delle lodi al contrario: scarso impegno nel discernimento vocazionale (cioè misericordia senza argini e fiducia ottimistica di fondo); naturale refrattarietà a ciò che è ordine e pulizia (cioè le sue priorità sono altre); debole funzionamento del consiglio generale per eccessiva autonomia di don Guanella (cioè autorevolezza e autorità riconosciute e indiscusse); onere pesante dei debiti (cioè fiducia nella Provvidenza e sbilanciamento sul versante della carità); compresenza di suore e religiosi nelle medesime case (cioè armonia tra le due Congregazioni sorelle); scarsità di personale religioso oberato da eccessivo lavoro (cioè dedizione da martirio alla causa dei poveri)…

            Lo stesso Balconi, se si leggessero le sue relazioni continuativamente, si contraddice ad ogni passo e appare manchevole di una visione d’insieme, che era quanto serviva per riconoscere il dito di Dio nella fondazione del Guanella, salvo poi permettersi i rilievi del caso.

            Tra le vendette di Dio

            Uno di quelli che prese alla lettera le puntualizzazioni di Balconi fu il card. Vicario di Roma, Basilio Pompili, molto duro e scettico verso il Fondatore e verso i suoi figli. Nell’estate del 1915, scongiurando una probabile sostituzione di mons. Bacciarini con don Previtali alla guida della Parrocchia San Giuseppe, scriveva a un suo collaboratore: “So che Padre Bacciarini è un buon parroco, ma non conosco neppure di vista il padre Previtali, né posso fidarmi di don Guanella, che è un sant’uomo ma non ha molto criterio ed ora poi è malato. La Congregazione dei Servi della Carità di pochi soggetti è mezzo sconquassata, come so dalla Congregazione dei Religiosi, non dà affidamento di provvedere alla Parrocchia”.

            Con buona pace del poco lungimirante cardinale, la Congregazione mezzo sconquassata ha già più di un secolo di storia e il prossimo centenario della Parrocchia romana testimonia appunto una buona tenuta nell’affidabilità.

            E ovviamente don Guanella non difettava di criterio. Che ci basta e ci onora.

 

don Fabio Pallotta, guanelliano

 

3 Gennaio 2012

CENTENARIO DEL DECRETO DI VISITA APOSTOLICA