12 Novembre
Solennità della Madonna della Provvidenza
Il culto della Madonna della Provvidenza è documentabile dal 1732, a Roma dove i fedeli veneravano una bella effigie nella Chiesa di San Carlo ai Catinari.
Il Papa Benedetto XIV (+ 1758) nel 1744 concesse alla Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo (Barnabiti) una messa della beata Vergine Maria, "Madre della divina Provvidenza" e l'istituzione di una confraternita.
Da allora, numerosi pontefici, da Pio VII a Giovanni Paolo II, hanno voluto recare personalmente alla Madonna della Provvidenza l'omaggio della loro pietà. È noto poi che numerosi Santi hanno messo sotto la sua protezione molte opere di beneficenza; tra costoro, in modo accentuato, il nostro San LUIGI GUANELLA, che la volle patrona e titolare delle opere nostre oltre che protettrice delle sue Suore chiamata appunto ‘Figlie di Santa Maria della Provvidenza’.
Sotto questo titolo si onora la missione che Dio, la cui provvidenza tutto dispone secondo un disegno di amore, affidò alla beata Vergine affinché fosse:
- benignissima Madre di Cristo; per la provvidenza divina che si è dispiegata nell'economia della salvezza, la beata Vergine Maria ha generato il Salvatore del mondo;
- provvida madre degli uomini, che Cristo Gesù le ha affidato dalla croce;
- dispensatrice di grazia; colei che a Cana di Galilea pregò il Figlio in favore degli sposi, ora, assisa alla destra del Figlio, veglia sulla Chiesa che lotta, che soffre, che spera.
La beata Vergine è chiamata "madre della divina Provvidenza", perché da Dio ci è stata data come premurosa madre, che ci procura con la sua intercessione i beni del cielo. Come Dio non può dimenticarsi del suo popolo e che proprio come una madre lo consola, così la Madonna ha compassione di noi, intercede per noi, ci ricolma di consolazione.
I fedeli sorretti dal patrocinio di una Madre così sublime, trovano grazia e sono aiutati al momento opportuno e cercando, secondo il comando del Signore, anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, sperimentano in ogni circostanza della vita la provvidenza del Padre.
Il 31 Maggio 1986, con Decreto dell'Arcivescovo Ordinario Militare per l'Italia, confermato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti in data 19 Luglio 1989, la Beata Vergine Maria della Divina Provvidenza è stata dichiarata Patrona presso Dio del Corpo di Commissariato dell'Esercito Italiano.
1962 – 50 anni fa
Muore, in seguito a uno sbandamento d’auto con uscita di strada, il Guanelliano don GIUSEPPE GIANZEN MANZI.
Nato a Pianello Lario (CO), il 12 dicembre 1923
Entrato a Fara Novarese (NO), il 28 settembre 1935
Professo a Barza d'Ispra (VA), il 12 settembre 1942
Sacerdote a Milano, il 22 maggio 1948
Defunto a Gozzano (NO), il 12 novembre 1962
(dai PROFILI BIOGRAFICI, a cura di don Leo Brazzoli)
Dio non ha la fretta di noi uomini. Lascia che, nel suo campo, i semi nascosti attendano anche molti anni, prima di germogliare. Così, la scia che i santi lasciano sul loro passaggio può dar frutti solo dopo molto tempo.
Capitò a don Guanella. Parroco a Pianello, s'era impegnato a fondo in campo vocazionale, che è la voglia di servire Dio per tutta la vita più da vicino.
Fortunato nel ramo femminile, non lo fu coi ragazzi e coi giovani. Venne un risveglio negli anni trenta, quando molti adolescenti presero la via del seminario, ed in particolare della Congregazione. Più d'uno fu sacerdote, e, fra questi, Gianzen Manzi.
Era un ragazzino intelligente, d'una bontà schietta, mite di carattere. In famiglia, la fede profonda e la grande onestà compensava largamente una marcata povertà: il padre era impedito ad una gamba, dove conservava i postumi d'una grave caduta da un albero. Ma è proprio su questi focolari che si posa di solito l'occhio compiacente di Dio, a farvi le sue scelte.
Parroco era don Michele Giudici, un uomo di Dio, che aveva valutato l'impegno d'essere l'immediato successore di don Guanella, e ne seguiva gli esempi e i metodi. Fu facile a lui accogliere il desiderio del piccolo Gianzen che voleva andare in seminario, e ai superiori accettarlo.
Compì regolarmente gli anni del ginnasio e nel 1940 era a Barza, ad iniziarvi il noviziato. S'era già effettuata una prima maturazione. Nel secondo anno, e poi nei seguenti, frequentò il liceo, completando la preparazione letteraria.
Ne uscì al termine, com'era uso allora, per la teologia. Dovette mutare ben tre case: lo accolse Cassago Brianza per la prima teologia, Milano per la seconda e terza, Lecco per la quarta. Gli spostamenti si rendevano necessari per la ripresa, dopo gli eventi bellici, sempre in ordine all'assistenza dei ragazzi, allora affidata ai chierici.
Anche fatto sacerdote, furono quelli il campo principale e privilegiato della sua attività. Fu prefetto al S. Gaetano di Milano, tornato a riempirsi, e vi continuò per dieci anni. Doveva pure insegnare ai chierici e non mancò mai d'interessarsi della parrocchia. Lasciò dovunque un lungo, grato ricordo, per l'amore che seppe cattivarsi.
Per un successivo biennio fu a Como, secondo consigliere della casa, largamente impegnato coi chierici professi, dei quali fu prefetto e insegnante. S'attuava un primo tentativo di raccolta, per lo studio e la migliore formazione.
Don Gianzen però andava manifestando e acuendo un difetto di udito, che alle volte sembrava mostrarlo meno attento.
Nel 1960, fu chiamato all'Istituto S. Giuseppe di Gozzano, con molteplici mansioni: superiore, economo, insegnante ai chierici, loro prefetto e assistente ai fratelli coadiutori. Bastarono due anni per mettere in luce la guida saggia e benevola, per farlo stimare, oltre che in casa, anche fuori. Risaltarono in particolare, la mitezza del carattere e la volonterosa prestazione in tutte le circostanze.
Erano molte le speranze riposte in lui, che indubbiamente avrebbe realizzato, se non fosse venuta, improvvisa, la fine tragica.
La domenica 11 novembre, a Pianello Lario, il paese nativo, si celebrava la patronale di S. Martino. Volle essere presente perché ci si aggiungeva, in concomitanza, il 25o di Messa del compaesano don Luigi Granzella, che l'aveva pregato di tenere il discorso di circostanza. Decise poi il ritorno alla sua casa, per il pomeriggio del giorno seguente. Giuntovi da poco, nonostante qualche riluttanza per la stanchezza, aveva assecondato il desiderio del Superiore generale presente, di portarlo a Barza, dove voleva partecipare alla solennità del giorno dopo, S. Stanislao, patrono del noviziato.
La stanchezza aggiunta a stanchezza portò l'imprevedibile. Fu nel viaggio di ritorno; quando ormai non mancava molto a raggiungere la sua residenza, che, colto dal sonno, sbandò con l'auto e uscì di strada. Andò a schiantarsi nell'alveo neppur profondo d'un fosso, contro il terrapieno sul quale transitava una strada secondaria.
Rinvenne all'ospedale di Borgomanero. Volle, a gran fatica, scagionare qualsiasi dall'incidente, chiese i sacramenti e spirò.
È rimasto coi suoi: il mandato di governo della casa, così bruscamente interrotto, non c'è dubbio che è continuato nel tempo, con la protezione, della quale è garanzia la presenza della salma nel cimitero cittadino, dove, con solennissimo funerale, l'accompagnarono a riposare i confratelli, le autorità, il buon popolo e soprattutto i suoi ragazzi.